20 gen 2023

Punta Fraio, un mezzo mistero


Nello schizzo del gruppo della Croda da Lago che Terschak fece per la guida delle Dolomiti Orientali di Antonio Berti (1928), non se ne trova traccia: nell’edizione 1971 del volume, il nuovo schizzo riporta una cima di 2611 metri, sulla cresta tra Forcella Sinigaglia e un torrione salito nel 1974 e dedicato a Dino Buzzati.
Oltre al nome “Punta Fraio”, delle peculiarità, la storia e l’origine del nome della Punta si sa ancora poco. Siamo riusciti a inquadrarla grazie a una foto vista al rifugio sottostante e a quelle di Sandro Caldini, che nel 2022 con la guida Giacomo Zardini "Jack" salì la cresta N (Sinigaglia-Dimai) della Croda da Lago, passando proprio accanto alla Punta.
Punta Fraio, dalla cresta Sinigaglia
(Foto S. Caldini)
Crediamo che il nome sia nato a fine ’800, e possa legarsi a due guide del ceppo Ghedina Fraio. Fini e Gandini scrivevano che intorno al 1880 i fratelli Eugenio e Simone Ghedina, di un ceppo familiare oggi scomparso a Cortina, iniziarono insieme l’attività di guida.
Eugenio, classe 1857, esercitò la professione per un breve periodo e morì a soli ventotto anni. Il fratello, detto Scimonùco (1859-1931), fu abilitato nel 1882. Guardaboschi, ebbe fama di abilissimo giardiniere. Come guida fu attivo fino al 1903 e fu quello che si definisce un bel tipo, gioviale e sempre pronto alle battute. Di fronte alle lisce e scivolose pareti del Cristallo, sosteneva – ad esempio – che per scalarle occorrevano i peli sul palmo delle mani!
La guida di Cortina e dintorni di Leone Woerl (1890) fra le guide autorizzate cita anche Simone Fraio; nella Tariffa per le guide di montagna del Distretto Giudiziario di Ampezzo (1898) Ghedina non è fra le guide disponibili ; tra quelle riunite all’Osteria al Parco per l’adunanza generale del 1901, invece, Simone è seduto al tavolo. Le lapidi del cimitero che ricordano le guide e i portatori di Cortina, infine, ricordano solo lui.
Ai Ghedina non si legano imprese di rilievo; il più giovane forse svolse solo attività di guida per montagne basse e non fu coinvolto in maggiori impegni, ma conobbe senz’altro molte cime. Secondo le cronache, il 5.6.1883 Simone fu con Angelo Menardi Malto, Luigi Picolruaz Nìchelo e Giuseppe Girardi (?) nella terza ascensione della Torre Grande d'Averau.
La punta della Croda da Lago – di interesse alpinistico molto relativo – secondo chi scrive fu dedicata proprio ai Ghedina, dai colleghi o da Leone Sinigaglia, che nell'agosto del 1893 fu buon cliente di Scimonùco. Da secoli essa guarda il Lago di Federa e ci ricorda due figure dell’alpinismo ampezzano, una famiglia in estinzione e ricordi remoti di nostalgiche scoperte.

1 dic 2022

Antiche fotografie di montagna: le guide alpine ampezzane del 1901

Una suggestiva fotografia della vecchia Cortina è senz'altro quella, utilizzata nel 1983 per la copertina del volume su "Le guide di Cortina d’Ampezzo" di Franco Fini e Carlo Gandini, edito da Zanichelli. L’immagine ha una data e un luogo precisi: fu ripresa il 2 novembre 1901 davanti all’Osteria al Parco – Weinstube di Teofrasto Dandrea, nella piazza adiacente la Chiesa Parrocchiale. Non escludiamo che sia opera di Emil Terschak, fotografo e alpinista boemo insediatosi nel 1893 a Cortina, dove aprì un atelier di fotografia e stampa di cartoline.
Essa immortalava le guide e i portatori alpini in esercizio quell’anno nella valle d’Ampezzo. Vi compaiono oltre 30 persone, non tutte guide: ci sono anche il proprietario dell’Osteria ospitante  e reggente pro-tempore della Sezione locale dell’Alpenverein; l'albergatore Annibale Verzi; il giovane medico Angelo Majoni; il Capitano Distrettuale, il maestro Giuseppe Lacedelli, donne, bambini e ragazzi, tra i quali l’undicenne Fritz Terschak, che diventerà un punto di riferimento per l'alpinismo e lo sport ampezzano.
Dalle carte consultate per la compilazione del libro sopracitato, si evince che la Direzione del Club Alpino, in previsione della riunione, diramò un invito «a tutte le guide, pregando di voler comparire infallantemnte sabato 2 novembre 1901 alle ore 12 precise nella Piazza dell’Osteria al Parco, in costume da guida con corda e piccone nonché distintivo, per fare la progettata fotografia, e tenere dopo la Seduta generale.»
L'invito ha una simpatica postilla: «con multa di 30 soldi a chi non comparisse!» E questa postilla, la severa Direzione del Club Alpino non mancò di applicarla: delle ventinove guide invitate, la dovettero pagare in sette, che non si videro all’Osteria, ovviamente ognuna per i propri motivi. Gli inosservanti, consegnati alla storia dell’alpinismo, furono Antonio Lacedelli da Rone portatore, Luigi Menardi de Zinto guida, Arcangelo e Serafino Siorpaes de Valbona guide, Giuseppe Siorpaes Refo portatore, Pietro Siorpaes de Santo guida e Luigi Picolruaz Nichelo guida.
Si può immaginare come sia andata quella giornata novembrina, in cui le montagne erano sicuramente già velate di neve, i primi quattro rifugi d'Ampezzo già chiusi, il turismo assente: si ritrovava un pezzo della comunità locale, un pezzo importante che è rimasto nelle cronache per quanto fece per lo sviluppo della conoscenza dell’ambiente e della frequentazione turistica.
Oggi, cento e passa anni dopo, suscita un po’ di curiosità rivedere tutte quelle facce barbute, quelle divise, quelle corde e quelle piccozze!

3 nov 2022

Salite invernali o in condizioni invernali?

Ci siamo spesso soffermati sulla questione storica che riguarda le ascensioni prettamente «invernali», quindi comprese nell’inverno astronomico, dal 21 dicembre al 21 marzo, oppure soltanto «in condizioni invernali» che, a seconda dell’altezza della montagna, del versante di salita, delle temperature e quant'altro, potrebbero verificarsi tra ottobre ed aprile.
Così ragionando, l’ambita prima invernale del Cristallo, realizzata dall’Imperial Regio Maestro Stradale Bortolo Alverà de Pol (uomo in vista nell’Ampezzo di fine ‘800, primo Presidente e Direttore della Cassa Rurale, 1849-1922) con la provetta guida Pietro Dimai Deo "Piero de Jènzio" (1855-1908), stando alle fonti sarebbe stata una salita «in condizioni invernali», in quanto avvenuta il 22 novembre 1882, e quindi questo mese ne cadrebbe il 140° anniversario. La data, ripresa da fonti affidabili come Terschak (1953) e Fini-Gandini (1983), è stata poi ritenuta un refuso di stampa della guida di Antonio Berti, viatico per generazioni di alpinisti, e riportata al 21, o al 22 febbraio dello stesso 1882.
Pietro Dimai Deo, specialista
 di salite invernali

Quella del Cristallo, comunque, a Cortina non fu la prima salita di un monte «in condizioni invernali», spettando probabilmente il primato all’ascensione "della Tofana" di cui scrive Strobl nella sua «Storia di un irrequieto», biografia del pioniere Richard Issler uscita a Cortina nel febbraio 2022. La Tofana, non si sa quale delle tre cime, fu raggiunta dal graduato Simon Hammerschmid, di stanza a Cortina e guidato da Arcangelo Dimai Deo, il 10 novembre 1880.
In Ampezzo e dintorni ci sono altre salite la cui datazione oscilla tra il periodo invernale e le condizioni invernali: la Rocchetta di Prendera, salita da Pietro Paoletti con i fratelli sanvitesi Pordon il 27 ottobre 1881; il Sorapis, scalato dagli stessi il 26 novembre 1881; la Croda da Lago, salita da Jeanine Immink con Antonio e Pietro Dimai Deo il 10 dicembre 1891; il Becco di Mezzodì, raggiunto negli stessi giorni dalla medesima cordata della Croda da Lago...
In effetti, sul tema la storia annovera qualche incertezza: ma probabilmente, quando gli inverni erano veri inverni, lunghi e crudi, salire sulle cime più elevate in tardo autunno significava ben altro, rispetto ad oggi: e, se occorre dirlo, non c’era il Soccorso Alpino da poter chiamare per eventuale assistenza.

3 ott 2022

Festa riuscita per i 150 anni della prima ascensione sul Becco di Mezzodì

Domenica 2 ottobre la Sezione del Cai di Cortina, presieduta da Luigi Alverà, ha voluto ricordare con un momento di festa il 150° anniversario da quando due uomini misero piede per primi sul Becco di Mezzodì.
L’elegante piramide del gruppo della Croda da Lago, che si ammira pressoché da ogni angolo della valle d’Ampezzo, un tempo – quando veniva detta, non si sa ufficialmente perché, anche «ra Ziéta», la civetta - costituiva una meridiana per i contadini e i pastori del paese, che segnava l’ora di lasciare il lavoro e dedicarsi al pranzo e al riposo prima di riprendere le fatiche.
Il Becco fu una delle prime cime attorno a Cortina a suscitare un desiderio di conquista, che spettò al Capitano scozzese William Edward Utterson Kelso (1829-98), con una delle prime guide locali, Santo Siorpaes Salvadór (1832-1900): per la cronaca, ciò avvenne il 5 luglio 1872.
L’itinerario dei primi salitori, ancora oggi seguito, non é molto lungo e sale per due camini di roccia buona e poi su una cresta più friabile: in vetta, dove è stato detto che “potrebbe quasi attendarsi un battaglione di Alpini”, si trovano sempre silenzio e pace, poiché la cima non è più battuta come nel periodo pionieristico.
Dalla prima mattinata, presso il rifugio Croda da Lago è stato dedicato un lieto convivio alla cima che svetta di fronte al rifugio, sul displuvio tra i territori di Cortina e San Vito, e si specchia nel lago di Federa, uno dei più suggestivi delle Dolomiti.
Il Becco di Mezzodì
Sono stati ricordati vari episodi della storia alpinistica del Becco e di chi l’ha frequentato nel corso di 150 anni, esplorandone ogni camino, diedro, parete e spigolo, e la giornata è trascorsa in allegria, gustando gli ottimi chenedi di Beatrice Alverà, chef della casa che la sua famiglia gestisce da quasi trent’anni.
Della «Ziéta» tanto è stato ormai raccontato e scritto: quest’occasione meritava forse qualche pagina a ricordo, come il Cai fece nel settembre 2001, per il 100° di vita del rifugio Croda da Lago. Certamente la Sezione di Cortina se ne ricorderà nell’estate prossima, quando cadrà il 140° dall’apertura della Sachsendankhütte, oggi rifugio Nuvolao sulla cima omonima, il più antico ricovero della nostra zona dopo la Dreizinnenhütte, oggi rifugio Locatelli-Innerkofler alle Tre Cime di Lavaredo, aperta nel 1882.
Frammenti di storia come quella del Becco, è importante non abbandonarli nei cassetti della memoria e farne partecipe chi sempre più spesso ha piacere di conoscere le zone che abita e frequenta per diletto.
Il Becco di Mezzodì ha una bella storia da raccontare, che sarebbe un peccato dimenticare.

1 set 2022

88 anni della via Comici sulla Punta Col de Varda

Pur mostrandosi evidente fin dalle sponde del lago di Misurina, la Punta Col de Varda (rilievo del crinale principale del «Ramo di Misurina» nei Cadini omonimi) non è certamente stata la prima scoperta nella zona, in cui i cacciatori auronzani si avventuravano già prima del 1870.
La punta si mette in luce per il profilo piramidale, e da 2504 metri di quota incombe alle spalle del rifugio che ha lo stesso nome ed è unito al sottostante borgo da una comoda seggiovia. Non è semplice accertare chi possa avere calcato per primo l’angusta sommità, quando e come ciò sia avvenuto. È plausibile pensare a un approccio da nord, attraverso le roccette che collegano i ghiaioni con una sottile forcella tra le due sommità in cui si divide la cima (un tempo, il luogo più utilizzato per rientrare alla base); o, forse, per la rampa scanalata che sale in diagonale da ovest a sud, esaurendosi sulla citata forcella e facendo posto ad un'ascensione di gusto ormai antico.
La Punta Col de Varda, da Misurina

È comunque provato che la frequentazione della Punta, avvalorata a partire dagli anni ‘30 del Novecento da alpinisti come Piero Mazzorana, Luigi Castagna, Guido Pagani, Valerio Quinz e fino a Simone Corte Pause, giovane guida di Auronzo, iniziò un giorno preciso. Il 1° settembre del 1934, infatti, Emilio Comici – al tempo guida a Misurina - condusse il maturo Conte Sandro del Torso a battezzare il camino che taglia verticalmente la parete verso il lago e s’interrompe sotto un rigonfiamento, chiave risolutiva dell’ascensione.
La via Comici-del Torso, percorsa per la seconda volta una settimana dopo l’apertura da tre alpinisti, uno dei quali si è accertato che fu lo scrittore Dino Buzzati (legato con l’Accademico di Trieste Renato Zanutti e la giovane Rosetta Orlandi), è la soluzione più elegante e, si dice, più remunerativa per giungere sulla cima.
Sorvolando sui dettagli delle esperienze personali, che ci hanno visto su quella Punta in sei occasioni, non possiamo non ricordare la prima di esse, in cui (ormai oltre un quarantennio fa), sotto l’ometto di pietre della cima spuntò un pezzo di carta firmato dall’ormai anziana guida Mazzorana, giunto lassù da solo poche ore prima di noi, per rivedere probabilmente per l’ultima volta una delle vette del Cadore sulle quali impostò e trascorse gran parte della propria vita.

1 ago 2022

83° anniversario dello spigolo del Sas de Stria

Quest’anno non mi sfugge il compleanno: l’83°, dello spigolo sud-est del Sas de Stria, salito per la prima volta da Andrea Colbertaldo e Lorenzo Pezzotti di Vicenza il 1° agosto 1939, ripetuto d'inverno nel marzo 1953 da Marino Dall'Oglio e compagni ed ancora molto frequentato.
Negli anni ’70-’80 la via, che segue lo spigolo sul lato sinistro -  guardando da Falzarego - della cima slanciata e solitaria che incornicia il Passo, per noi era un classico. L'itinerario segue l’elegante e ripido spigolo e sotto il bianco strapiombo finale nasconde due opzioni: l'originale è la più bella, la più semplice ricalca un itinerario di alpinisti austriaci del 1908.
Ben chiodata già negli anni ‘60, la Colbertaldo-Pezzotti è una via amata, soprattutto nelle stagioni intermedie, da corsi di roccia e per allenamento. Accesso e rientro sono quasi da palestra: alla base dello spigolo si giunge in meno di mezz'ora per ripida traccia dalla strada che sale al Passo Valparola, e al ritorno si segue la normale del Sas, che non ha difficoltà di rilievo, anche se un po' di attenzione non è superfluo, visto che di incidenti ne succedono molto spesso.
Sas de Stria, Passo Falzarego e Lagazuoi Piccolo,
anni '60
Dal 23 ottobre 1977 (quando lassù mio cugino mi fece un regalo per il compleanno n° 19) al 5 giugno 1993, quando rifeci lo spigolo per l’ultima volta Claudio, penso di averlo salito in una quindicina di occasioni, gustandomi sempre una salita non troppo lunga, varia e divertente, ricca di bei passaggi e sicura. Tra tutte, non dimentico quella del 1987 con Nicola, quando - su un tratto delicato - un misterioso mancamento mi fece fare un voletto che poteva avere gravi risvolti, ma per fortuna mi costò solo un livido sulla schiena e un paio di pantaloni da buttare.
L’ultima volta condussi lassù un amico di pianura, che penso non avesse mai arrampicato. Usciti in cima, convinto che - data la bella giornata tardo-primaverile, e la salita che avevamo compiuto in solitudine e tranquillità - il mio compagno di cordata fosse soddisfatto, aspettavo un apprezzamento sulle rocce dove "ero di casa" da tempo.
Con aria un po' scocciata, invece l’amico brontolò che una salita che finisce su una cima raggiungibile da turisti, dove ci si ferma a schiamazzare allegramente e non mancano i rifiuti (ma quante ce ne sono, di cime così...), per lui non aveva tanto senso.
Forse anche un po’ amareggiato da questa risposta, da allora non salii più lo spigolo del Sas de Stria.

1 lug 2022

83° anniversario della fondazione del Gruppo Scoiattoli di Cortina

Se fossero ancora tra noi, avrebbero 101 anni.
Sto parlando dei tre ragazzi ampezzani dai quali, il 1° luglio 1939, scaturì l’idea di fondare la “Società Rocciatori Sciatori Scoiattolo”, nota come “Scoiattoli di Cortina”.
I ragazzi del 1921 che nell’ultima estate d’anteguerra, sfidando la diffidenza delle vecchie guide locali, ruppero gli schemi e si unirono in un nuovo gruppo, erano Angelo Bernardi Agnèl, detto Alo; Ettore Costantini Cùzo, detto Vecio, e Mario Zardini Zésta.
Alo, che chi scrive ricorda con piacere di avere intervistato per RAI 3 nell’autunno 1998, lasciò presto la roccia per dedicarsi all’hockey, al lavoro e alla famiglia: è scomparso, ultimo della cordata, nel settembre 2000. Il Vecio continuò con successo la carriera alpinistica, divenendo guida nel 1946 ed esercitando la professione fino agli anni Settanta. Non ha fatto purtroppo in tempo a festeggiare il sessantesimo della Società, essendo scomparso nel giugno 1998.
Lo aveva preceduto di tre anni Mario Zésta, attivo nella Società per un breve periodo e compagno di Luigi Ghedina Bibi ed Eugenio Monti in una via nuova sul Castelletto in Tofana nel settembre 1947.
Alo, il Zésta e il Vecio a Pocol, 1939
Naturalmente, ai tre fondatori si aggiunsero subito numerosi amici delle classi 1920-1924, tanto che nel primo periodo la Società arrivò ad oltre tre dozzine di soci, che si dedicarono alla meticolosa esplorazione dei monti di casa e non solo, risolvendo una copiosa messe di problemi alpinistici.
Simbolo e monumento del primo decennio del sodalizio è senz’altro il Pilastro della Tofana di Ròzes, salito per la parete sud-est dal Vècio con Romano Apollonio Nàno il 14-15 luglio 1944: ventun ore d’arrampicata, oltre cento chiodi piantati per superare cinquecento metri di 6° superiore, che hanno costituito, e costituiscono ancora un banco di prova per diverse generazioni di arrampicatori.
Mi è gradito in questa sede, accomunandoli con tutti gli altri compagni, ricordare nell'83° dalla costituzione i tre “Scoiattoli” fondatori. Immagino che gradirebbero senz’altro festeggiare la ricorrenza tutti insieme, magari sulla terrazza del rifugio a loro intitolato nel 1970, ammirando il tramonto sulle Cinque Torri, che li videro nascere e poi spiccare il volo verso le grandi montagne.

Punta Fraio, un mezzo mistero

Nello schizzo del gruppo della Croda da Lago che Terschak fece per la guida delle Dolomiti Orientali di Antonio Berti (1928), non se ne trov...