26 feb 2022

Punta Nera, in ricordo di Mario e Adriano

Riordinando l'archivio fotografico ho ritrovato una serie di immagini scattate in montagna, oggi tanto più memorabili in quanto due dei protagonisti di quella serie se ne sono andati da tempo. Si tratta di istantanee riprese da chi scrive e dall’amico Mirco nell’estate 2008, salendo sulla Punta Nera del Sorapìs per la breve e non banale via comune con Mirco, Mario, la moglie Paola e Adriano, già ottantenne.
Gli amici, nessuno dei quali credo conoscesse la via d’accesso alla Punta, erano venuti appositamente da Treviso per passare una bella giornata in compagnia; e tale la giornata fu, con la visita alla punta -  friabile e solitaria come poche -  sulle orme del cacciatore, armaiolo e pioniere delle guide ampezzane Alessandro Lacedelli "Sandro da Melères", costruttore anche dell’orologio del campanile di Cortina.
Sandro era arrivato lassù, secondo Grohmann, quasi per caso nell’estate del 1876, mentre inseguiva un camoscio ferito. Centotrentadue anni dopo, sfruttando la comoda funivia per portarci in alto e, non da ultimo, godendoci anche la canonica birra fresca al rifugio, noi lo imitammo, almeno in parte.
Non immaginavo che quella fosse l’ultima occasione in cui mi ritrovai in montagna con Mario, alpinista, musicista, disegnatore e pittore che ci lasciò soltanto due anni dopo: con l’inossidabile Adriano invece ci rivedemmo in un rifugio sulle Pale di San Martino cinque anni prima della scomparsa, avvenuta nel 2018.
In vetta alla Punta Nera, 26.7.2008 (foto P. Cesco Frare)

Accomunando oggi nel ricordo i due amici, ho rivissuto la giornata in cui feci loro conoscere la panoramica Punta Nera (fu la settima ed ultima volta che la salii); ricordo uno splendido momento di amicizia e di condivisione tra le cime, progettato fra l’altro con lo scopo di sistemare in vetta il libretto, che forse é ancora lassù.
L’occasione è utile per rievocare alcuni alpinisti che su quella cima hanno scritto il loro nome: oltre a Sandro Lacedelli ci sono Federico Terschak e Isidoro Siorpaes "Péar" (saliti per primi lungo la chilometrica cresta sud, il 10 agosto 1919); il triestino Giorgio Brunner (primo a salire da solo e d’inverno, il 27 febbraio 1941) e l'anziano amico Giulio, che nel 2000 - su mio suggerimento - collocò sulla sommità il primo libro di vetta.
Ciao, cara Punta Nera!

18 feb 2022

"Don Claudio e la luna", un ricordo del "Prete Volante"

“Don Claudio e la luna” di Fabio Bristot “Rufus”, edito da DoloMedia di Belluno nell’autunno 2021, propone il ricordo di Don Claudio Sacco Sonador di Dosoledo, scomparso il 2 dicembre 2009 sotto una valanga, che lo travolse mentre scendeva al chiaro di luna dalla piramide erbosa e di solito mansueta del Monte Pore, presso il Passo Giau. Il religioso fu ritrovato soltanto tre giorni più tardi, dopo una ricerca complessa e impegnativa, che coinvolse numerose Stazioni del Cnsas, gruppi e volontari.
La croce dedicata nel 2010 a Don Claudio,
lungo la salita al Monte Pore
 

Il rinvenimento dello sfortunato sacerdote fu però agevolato dal fatto che “Rufus”, che faceva parte dei soccorritori intervenuti, era venuto in possesso di alcune foto (presenti nel libro), scattate verso il Pore dal Passo Giau dal fotografo dilettante Virgilio Sacchet, proprio la sera del 2 dicembre, senza minimamente sapere che cosa e - soprattutto - chi stesse riprendendo nei suoi ultimi istanti di vita terrena.
Nell’introduzione, Bristot – che ha scritto il libro assolvendo a un debito interiore, di memoria e commossa gratitudine verso Don Sacco - spiega: «Questo scritto non è una biografia quanto, piuttosto, il tentativo di far conoscere il messaggio di don Claudio perché la narrazione, pur con tratti a volte magari imprecisi, vorrebbe raccontare della sua “caratura”, vorrebbe accompagnarci ancora una volta nella sua stessa vita». E poi: «Ho voluto tratteggiare non solo il sacerdote, ma anche, come mi sono detto in tutti questi anni, l’uomo con le vesti di sacerdote, la cui l’umanità e la cui caparbia volontà di essere con carità tra gli uomini rimangono i tratti salienti».
I 16 capitoli del libro, la cui lettura commuove soprattutto chi ebbe familiarità col sacerdote, ripercorrono e uniscono le esperienze di un vulcanico educatore, missionario, musicista, alpinista e sciatore (detto il "Prete Volante"), che negli anni ‘70 fu cappellano a Cortina e si distinse in impegnative scalate e discese sci alpinistiche, e dell’autore, iscritto al Cnsas dal 1994, che nell’ambito del soccorso in montagna ha coperto vari incarichi dirigenziali locali e nazionali, ed è tuttora attivo su vari fronti.
Patrocinato dal Comune di Comelico Superiore, dalla Regola di Dosoledo, dalle Regole d’Ampezzo e dalla Parrocchia–Decanato di Cortina, nonché da alcune ditte bellunesi, il libro ricorda a tutti i lettori un grande appassionato e cantore della montagna. Come ha scritto il fratello Don Sergio nel saluto iniziale: «Non cesseremo mai di ringraziare l’autore per questa sorpresa che ha rinnovato ricordi e rimpianti, mitigati questi dalla certezza che il nostro Don Claudio, dal cielo, forse fischiettando il motivetto che ha scritto quella notte sul libro di vetta, continua ad amarci ed è sempre vicino a noi.»
Quando Don Claudio scomparve, chi scrive "vantava" un vecchio credito col "Prete Volante", conosciuto a Cortina negli anni dell’adolescenza. Il sacerdote, infatti, mi aveva promesso la salita dello Spigolo Jori della Punta Fiames, in premio per il primo esame che avessi superato all'Università. Il primo esame lo superai nel marzo 1978, ma sullo spigolo non ci legammo mai. Quando la notizia della valanga si diffuse in paese, mi tornarono subito in mente due episodi: la promessa dello Spigolo fattami oltre trent'anni prima sotto il nostro campanile, e la salita della ferrata Strobel della Punta Fiames, che avevo percorso col Don e altri ragazzi, all'insaputa dei miei famigliari, nel settembre 1972.
Il Signore ha chiamato anzitempo a sé, in una notte di plenilunio, quel sacerdote alpinista e spericolato sciatore: oggi, come altri paesani, ne porto un affettuoso ricordo, ravvivato da questo bel libro.

12 feb 2022

Il "Compendio di storia ampezzana" è di nuovo in libreria

Il "Compendio di storia ampezzana", da poco nuovamente disponibile in libreria, ripropone in veste  rinnovata e arricchita da numerose immagini in parte inedite, il Compendio omonimo, che il professor Giuseppe Richebuono (1923-2020, storico e divulgatore esemplare per serietà, al quale Cortina deve molto per quanto ha studiato e scritto in mezzo secolo) pubblicò nel 1981.
Secondo la premessa, il lavoro è rivolto “ai frettolosi che non hanno il tempo e la voglia di studiare le 950 pagine del volume (Storia d’Ampezzo, 3^ edizione, La Cooperativa di Cortina, 2008), ai turisti di passaggio che desiderano informarsi per sommi capi sulle vicende della Regina delle Dolomiti attraverso i secoli.”
In 109 pagine si dipana il ritratto di una comunità dalle origini ai giorni nostri, attraverso una serie di fatti e personaggi che inducono a riflettere sulla sua identità. Dopo una pluriennale analisi delle fonti, lo storico ci guida con mano sicura nelle tormentate vicende di una vallata di confine, spaziando dall’epoca preromana ai Romani, poi al periodo della dominazione Longobarda e Franca, all’epoca del Patriarcato d’Aquileia; per esaminare quindi il periodo in cui furono i Veneti a controllare la valle, fino allo stacco del 1511 che segnò il passaggio ai 407 anni di dominio austriaco, con tre secoli d'autonomia, le guerre napoleoniche del 1809-1814 (cui Richebuono dedicò anche un saggio ad hoc), e la Grande Guerra, tramonto di un Impero, di un’epoca e di tante certezze.
L'ultimo capitolo è dedicato al passaggio all'Italia nel 1918; esplora quindi il periodo fascista e si conclude nell’epoca attuale. Non mancano considerazioni sul futuro della comunità ampezzana, sempre più sospesa tra la modernità e la tradizione, la conservazione dei principi di base della vita alpina e l’omologazione culturale e identitaria.
Il volume, di lettura scorrevole ed esaustiva, fa conoscere il divenire di un popolo tra gioie, dolori, indifferenza e speranza. Cortina ha attraversato compatta la 1^ guerra mondiale, alla quale diede 140 suoi figli, poi la 2^, lo stravolgimento dovuto all'imporsi del turismo quale preponderante fonte di vita, e ora affronta i pesanti dubbi legati al futuro dell’ambiente, della comunità e dei suoi valori fondanti.
Il progresso inarrestabile chiede le sue "vittime" sacrificali e – secondo l’autore - gli abitanti della “Regina dei Monti Pallidi” dovrebbero anche per questo restare fedeli alla propria terra e a secoli di tradizione; “con l’impegno concorde di tutti i residenti sapranno realizzare un paese ideale, in un futuro che speriamo sia pacifico, florido ed appagante.
È il monito, che si spera non resti inascoltato, del professore cittadino onorario d'Ampezzo, al quale va un pensiero di riconoscenza, mantenuto vivo da questo libro meritoriamente voluto dalla Cooperativa di Cortina.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...