21 apr 2022

Per i 90 anni di Enzo Croatto, dialettologo e alpinista

Il 9 aprile,  Enzo Croatto è giunto ai novant'anni d'età. Dialettologo e studioso di origini friulano-venete e cresciuto a Belluno, il professore si è sempre occupato di lingua e toponomastica ladina, ed ha all'attivo - in primo luogo - il lavoro di coordinazione del «Vocabolario Ampezzano» delle Regole (1986) e nel 2004 la pubblicazione del «Vocabolario del dialetto ladino-veneto della Valle di Zoldo (Belluno)»: 635 pagine, in cui ha condensato anni di ricerche nella valle che gli è stata molto cara.
L’8/9/2007 gli fu intitolata la biblioteca specialistica dell’Istituto Ladin de la Dolomites di Borca di Cadore, giunta a raccogliere oltre 2500 volumi, periodici, audiovisivi, carte topografiche, atlanti e tesi di laurea di notevole interesse, sulla Ladinia bellunese e non soltanto; l'1 dicembre 2020 l’istituzione è stata inopinatamente chiusa, la biblioteca ha perso il suo nome e dopo un anno e mezzo pare consegnata ad un destino infausto.
Oltre ad aver seguito e arricchito la Biblioteca con generose e cospicue donazioni, Croatto ha collaborato con fervore a pubblicazioni linguistiche, affrontando con entusiasmo scoperte, analisi e comparazioni dialettologiche e toponomastiche, culminate in 110 pubblicazioni. Per festeggiare il suo 85° anniversario, nel 2019 Pietro Monego, Marco Moretta ed Ernesto Majoni lo omaggiarono con «Enzo Croatto. Biografia e bibliografia degli scritti linguistici in occasione dell’85°compleanno», un opuscolo con l’elenco di tutti gli scritti d'argomento linguistico redatti in quarant’anni.
Ernesto Majoni, il professor Croatto e Daniela Larese Filon
Istituto Ladin de la Dolomites - Borca di Cadore
Dedicazione della Biblioteca, 8/9/2007

Croatto non è soltanto un valido esperto di ladino, lingua tra le cui varianti si muove con agilità. Per tre decenni ha insegnato in Istituti superiori provinciali; ha vissuto la perdita di studenti e amici nella sciagura del Vajont; ha collaborato molto col Dipartimento di Linguistica dell'Università di Padova, affiancando soprattutto i docenti G.B. Pellegrini, A. Zamboni e M. T. Vigolo. È stato un alpinista, cresciuto alla scuola dei bellunesi, ha scalato varie cime e scritto di montagna; ha vissuto, insomma, un'esistenza dinamica e dedicata alla famiglia, alla cultura, all’impegno e allo studio.
Forse a Cortina - dopo la scomparsa di gran parte di coloro che, fin dagli anni '70 del Novecento, parteciparono alle ricerche linguistiche sull'idioma locale - la sua figura e il massiccio lavoro svolto per la parlata sono un po' accantonati, specie da alcuni puristi dell'ampezzanità, ed è un peccato.
Per questo, amici e sostenitori - che comunque conta numerosi - lo ricordano e gli porgono un fervido e sincero augurio: aggiungere vita agli anni, continuando le analisi sui temi coltivati per anni e non facendo mancare la sua voce e la sua competenza nell’ambito della cultura ladina.
«Ad multos annos», caro professor Croatto!

4 apr 2022

Torre Lusy, 4 aprile 1976

Ho già scritto della mia prima salita su roccia, il Becco di Mezzodì il 14 luglio 1975. Ho scritto un po’ meno invece della seconda, che fu la prima realizzata effettivamente in cordata: la Torre Lusy, una delle Cinque Torri d’Averau.
Dopo aver scoperto che l'alpinista al quale nel 1913 fu intitolata la guglia appena salita, Marino Lusy (un ricco triestino di origini greche, appassionato d'arte orientale), fu anche un benefattore e lasciò alla sua città un grande palazzo sull'angolo del centrale Corso Italia, ho realizzato quasi per caso che, nella mia prima salita della Lusy, ricorse per quattro volte il numero 4. 
Era il 4 aprile, del 1976; eravamo in 4; il nostro fedele compagno “Berti” classifica, forse abbondando un po', la salita di 4° grado. Con gli amici Ivo (scomparso nel 2021), Carlo e Luciano, dopo aver raggiunto con mezzi di fortuna Bai de Dones e aver risalito la pista di sci ancora coperta di neve (la seggiovia era ormai chiusa, e comunque non avremmo avuto di che pagarla), con l’assistenza di Giacomo che stette alla base a guardarci, salimmo i centoventi metri della Lusy, che in seguito avrei frequentato diverse altre volte.
La Torre Lusy, da nord

Finita questa, mentre Ivo e Carlo – i più ardimentosi - affrontavano con baldanza la vicina parete nord della Torre del Barancio (quella sì di 4° e anche un po’ di più, che io dovetti attendere due anni per salire), Luciano e io ci cimentammo sulle torri Quarta Bassa (un altro 4!) e Inglese, più facili.
Eravamo scesi da quest’ultima, ma gli altri due amici erano ancora appesi alle rocce ed il pomeriggio avanzava rapidamente: cosa potevamo fare, per evitare il buio?
Ben poco! Accoccolati sui massi liberi dalla neve sotto le guglie, dopo esserci assicurati che tutto procedeva per il meglio, aspettammo nervosamente finché Ivo e Carlo rimisero piede sulla terraferma, e poi giù di corsa nella neve fradicia, fino a Bai de Dones.
Nel parcheggio c'era una sola macchina: quella del padre di Luciano, che dapprima appioppò un sonoro manrovescio al figlio, poi ammonì noi altri e infine ci riportò tutti a casa.
Il tutto accadeva quarantasei anni fa (che però non è un multiplo di 4...)

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...