Il più noto e frequentato
belvedere sulla conca d'Ampezzo è senz'altro la “Galarìa
de Pocòl”. Il nome dialettale indica il tunnel stradale di soli 20 m di lunghezza, scavato nella viva roccia del soprastante
roccione di Crépa oltre un secolo fa, durante la costruzione
dell'ultimo tratto della “Strada delle
Dolomiti”, proveniente da Bolzano per Arabba e ufficialmente inaugurata l'11
settembre 1909.
La galleria si trova ad una quota di 1400 m
circa, a 4 chilometri dal centro del paese: poco più a valle, sulla
destra, uno slargo protetto da una ringhiera offre una visuale decisamente suggestiva, soprattutto di notte o dopo una spolverata di neve,
su tutta la valle ampezzana e le montagne che le fanno corona.
Il
punto panoramico è assai famoso, e attrae in modo particolare i
motociclisti, soprattutto stranieri. Le possibilità di usufruirne in
sicurezza però sono ridotte e, nella buona stagione, spesso tutte
occupate; eventualmente, è meglio lasciare i veicoli un po' più avanti scendendo, nei pressi di un enorme macigno isolato che
incombe sulla strada.
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La "Galarìa de Pocol", oggi (foto E.M.) |
Non lontano dal macigno, sul limitare del
bosco di Sote Crepa, quasi un secolo fa sorse il Ristorante Miravalle, una caratteristica osteria in muratura e legno. Costruito all'inizio degli anni '20 del Novecento, fra le due guerre mondiali il Miravalle fu gestito dalle
sorelle Angela Teresa (Anjelina) e Rosa (Rosele) Colli, dette "ra Saèries" e figlie di quel Giacomo (1855-1918), che fu guida alpina dal 1889 e fino agli anni '10 custodì l'Ospizio Falzarego.
L'esercizio, abbastanza comodo da raggiungere a piedi dal paese e perciò obiettivo di belle passeggiate domenicali in un'epoca di traffico assai ridotto, nell'immediato secondo dopoguerra fu demolito, perché minacciato dall'instabilità del terreno sul quale era stato eretto.
L'esercizio, abbastanza comodo da raggiungere a piedi dal paese e perciò obiettivo di belle passeggiate domenicali in un'epoca di traffico assai ridotto, nell'immediato secondo dopoguerra fu demolito, perché minacciato dall'instabilità del terreno sul quale era stato eretto.
Scompariva così un angolo caratteristico della vecchia Cortina, che nessuno - salvo
l'amico Luciano Cancider, nel suo bel volume “Cronache dalla valle
d'Ampezzo”, edito nel 2012 dalle Regole - ha mai pensato di far rivivere.