Conpagno, Fagno,
Iérghele da Gòas, Nane Maghintar, el Tré de chi de Jèpe: dietro questi singolari, quasi criptici nomi, si nascondono vecchi personaggi, di Cortina o che lavorarono a Cortina e la generazione dello scrivente ricorda vagamente o, più spesso, ha sentito soltanto nominare dagli
anziani.
Ce n'è un altro che in valle d'Ampezzo, chi viaggia oggi oltre i 50 non può non aver notato almeno una
volta, dato che, per diversi mesi l'anno, viveva praticamente in
piazza.
E' colui che ho appurato essersi chiamato Adolfo
Demenego (di Caterina “de Clara” da Verocai), detto da alcuni
semplicemente “el Clara”. Classe 1893, arruolato nel Genio
Militare durante la Grande Guerra e inviato come
bracciante in Sicilia, aveva un fratello, Michele, che fu uno degli oltre centoquaranta caduti
ampezzani nel conflitto perché morì trentenne di tifo a Innsbruck
nel 1915.
Demenego era un commerciante. Solo stagionale, poiché
d'estate appoggiava a uno dei pilastrini che limitavano il sagrato
della Chiesa Parrocchiale verso Corso Italia un banchetto, sul quale
esponeva bustine di stelle alpine, sacchetti con fiori di lavanda e altri souvenir del genere; d'inverno, invece, saliva di qualche passo verso nord e, nello slargo davanti all'Hotel Royal, sistemava l'armamentario per cuocere e vendere caldarroste.
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Primi '900: lo spartineve a cavalli (da Richebuono G., Storia di Cortina d'Ampezzo, 1974) |
Così stagione
dopo stagione, per molti anni; sempre infagottato in vestiti modesti, col cappello in testa e negli ultimi tempi gli occhiali; alla sera
raccoglieva con ordine la sua mercanzia e spariva.
Si diceva che d'estate vivesse in una casupola di legno e lamiera sul pascolo dei Rònche a Socòl, andata poi misteriosamente bruciata, e
d'inverno occupasse una stanza in una casa sotto il Municipio.
Si diceva anche che alla sua morte, nel 1975, avesse lasciato un cospicuo patrimonio.
Si diceva anche che alla sua morte, nel 1975, avesse lasciato un cospicuo patrimonio.
Se ne
disse più di una di quel, tutto sommato, pover'uomo. A me pare ancora di vederlo mentre si scaldava le mani, nei crudi inverni tra gli anni '60 e '70, intorno al suo banchetto davanti al Royal, protagonista di una Cortina che non c'è più.