27 gen 2021

Dedicato a Ivo Zardini, guida alpina e amico

Sabato 23 gennaio se n'è andato Ivo Zardini "Làresc". Nel desiderio di ricordarlo, mi sono presto reso conto che forse non ne sapevo abbastanza, ma sull’onda della memoria confido di esserci riuscito ugualmente. 
Compaesano e coetaneo della classe 1958, compagno alle scuole medie, alpinista e guida, impiegato per decenni alle Poste come portalettere - per questa ragione era molto conosciuto in paese - «Ivuzzo», come lo chiamavamo, è stato un buon amico e la sua inattesa scomparsa ha causato un gran rincrescimento. 
Figlio di Arturo «Tamps», Scoiattolo e guida che nel giugno 1963 partecipò alla direttissima dedicata al Papa Paolo VI sul Pilastro di Rozes (5 bivacchi, 350 chiodi), Ivo iniziò ad arrampicare a metà degli anni ‘70. Non fu mai ammesso tra gli Scoiattoli, ma in montagna fece cose egregie (ricordo, ad esempio, tra le tante una delle rare ripetizioni della Castiglioni-Pisoni sulla Torre Fanes, un quinto grado "di una volta"), tanto da diventare guida alpina e poter svolgere poi il mestiere per diversi anni. 
Ivo Zardini (1958-2021)

Ribelle nei confronti di norme, imposizioni e di quanto sentiva un limite alla libertà di pensiero e azione secondo il proprio arbitrio, persona intelligente e acuta, Ivo avrebbe voluto studiare psicologia, ma non gli fu possibile. Insieme si parlava spesso di libri – di cui era un vorace consumatore – e di crode. La prima domenica di aprile del 1976 con lui, Luciano e Carlo ebbi il mio battesimo in cordata sulla Torre Lusy, al quale seguì un trafelato ritorno al buio tra la neve: a Bai de Dones c'era il padre di Luciano, preoccupato e inviperito, che non ci negò una sonora ramanzina. Una settimana dopo  ecco la mia seconda salita, la Via delle Guide in Torre Falzarego; venerdì 27 maggio, saltando senza ripensamenti la scuola, la terza avventura: la Via Dimai sulla Punta Fiames, ai piedi della quale salimmo in motorino con un rustico imbrago di pelle e corda (di suo padre), una bottiglia d’acqua minerale, una scatola di zollette di zucchero e la Gazzetta dello Sport. La salita andò bene, ma da allora non ci capitarono altre occasioni di legarci insieme; le nostre strade, come succede sempre, si divisero ma restammo sempre in amicizia e, ad ogni incontro, bastava una battuta per ritrovare una certa sintonia. 
Un giorno di qualche anno fa gli avevo proposto di fuggire ancora una volta in montagna, salendo insieme la via Schloegel-Innerkofler sulla Croda Rossa, che non avevo mai fatto: purtroppo però, rimase soltanto un progetto... 
Citando durante il commovente rito funebre le parole di San Paolo, il nostro Parroco ha affermato che uno dei modi per sentirsi cristiani e fedeli è anche stare accanto ai sofferenti. Nel mio piccolo, spero di avere aiutato qualche volta anch'io il caro, inquieto amico a sentirsi un po' meglio.

13 gen 2021

Compleanno speciale sul Becco di Mezzodì

Quasi un secolo fa, il 13 gennaio 1925, il trentino Giuseppe Bepi Degregorio, detto “el Maestro de Posta” (poiché diresse l’Ufficio Postale di Cortina, fino alle Olimpiadi del '56), alpinista e sci alpinista, Accademico del Cai e del Gism, Presidente per otto lustri della Sezione di Cortina del Cai nonché giornalista e scrittore, saliva al rifugio Croda da Lago in compagnia del custode del tempo, Achille Toscani. 
Quel giorno Bepi aveva in mente di ricordare il proprio trentaseiesimo compleanno in modo speciale: salendo da solo, tra la neve e il ghiaccio, sul Becco di Mezzodì per i camini in cui il leggendario Santo Siorpaes da Sorabances e William Edward Utterson Kelso avevano rivelato al nascente turismo dolomitico le pallide cime attorno al Lago di Federa. 
L’ascensione di Bepi si svolse senza intoppi. Il custode lo aspettò, comunque inquieto, accanto alla stufa rovente del rifugio; nel pomeriggio si avviò verso Forcella Ambrizzola con un badile in spalla, battendo pista nella neve alta per accogliere l’alpinista, e fu molto sollevato nel vederlo rientrare, intirizzito ma sorridente. 
Bepi Degregorio, nel 1966 (raccolta E.M.)

Le fonti non hanno mai considerato quella del 1925 come la probabile prima solitaria invernale del Becco, già salito dall'olandese Jeanine Immink con le guide Dimai nel dicembre 1891, e poi da Angelo Dibona col cliente Von Csaky il 4 gennaio 1913. 
L'autore, scomparso in una luminosa giornata del novembre 1978, raccontò con brio la scalata nel suo diario alpino "Cortina e le sue montagne", uscito per la prima volta nel 1952. Chi riuscisse a farlo, vada utilmente a rileggersi quella romantica pagina di alpinismo "vecchia maniera"!
Oltre novant'anni dopo la salita e a 132 dalla nascita di Degregorio, un personaggio di spicco della Cortina novecentesca, pare doveroso proporre ancora una volta il ricordo di quella piccola, grande avventura.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...