Le
Marmarole, è noto, sono un gruppo di montagne dolomitiche ancora piuttosto selvaggio, meno battuto, ricco di possibilità per
lo scalatore, l’amante delle vie normali, l'appassionato dei
grandi sentieri.
Fra le, purtroppo scarse, giornate passate su quei monti, alcune delle
quali ho rivissuto in altri scritti, spicca senza dubbio l'ascensione della Croda Bianca.
La cima in questione è quell'enorme
pilastro piramidale che credo tutti abbiano visto almeno una volta dal Ponte Cadore, salendo verso Cortina.
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La Croda Bianca a ds., con lo spigolo Fanton (photo: courtesy of Roberto Zanette) |
Non è una
cima facile, e senz'altro una delle più
estetiche delle Dolomiti. La sua peculiarità riposa
indubbiamente nella sua grande pace, immersa com'è in una solitudine e un silenzio impagabili, in una natura da gustare ad ogni passo, con un occhio reverente alla storia.
estetiche delle Dolomiti. La sua peculiarità riposa
indubbiamente nella sua grande pace, immersa com'è in una solitudine e un silenzio impagabili, in una natura da gustare ad ogni passo, con un occhio reverente alla storia.
Mi è occorso di salirvi tempo fa con mio fratello per la cresta SE, detta anche (a ragione, se la si osservi da meridione), “spigolo Fanton”. Non è la via normale, e nemmeno la più semplice, per giungere in
vetta, ma per l'estetica superba, le difficoltà
medie e continue della progressione, lo splendido panorama, è davvero un bel gioiello.
Come tante altre salite nel gruppo, la prima della cresta SE della Croda Bianca spettò ai fratelli Arturo e Umberto Fanton di Calalzo, il 30/6/1910.
Fatti i conti, si tratta di 600 m circa di via,
con difficoltà fino al III scarso, ma da non sottovalutare. Stranamente il
passo più ostico non si trova in salita, ma in discesa: c'è una cengia
ripida, marcia e esposta, da scendere per poi risalire verso i caratteristici torrioni detti “Dante e Virgilio” e traversare a Forcella Marmarole, da dove poi si torna alla base.
L'escursione, compiuta
intorno a Ferragosto, ci gratificò come poche altre: ci legammo solo
in alcuni tratti, e salimmo tutta la cresta in circa tre ore. Eravamo ben allenati e attrezzati, quindi la cengia, lo scavalco dei due torrioni “letterari”, la traversata a Forcella
Marmarole e la discesa per l'accidentato Vallon degli Invalidi, si risolsero nel modo migliore.
Di
quella salita porto un vivo ricordo, e la
consiglierei a tutti coloro che salgono le montagne con piedi e mani, ma anche con occhi e cervello, si guardano spesso attorno e godono delle grandi come delle piccole cose.