26 set 2019

Il Torrione Scoiattoli: isolato e scorbutico, ma stuzzicante

Numerose cime attorno a Cortina si scorgono soltanto da molto vicino, da prospettive o in contesti di tempo particolari. Questa peculiarità, singolare ma non unica, le ha in un certo qual modo difese da sconsiderati assalti, agevolazioni turistiche, banalizzazioni metalliche, lasciandole padrone del loro isolamento, della solitudine e, inevitabilmente, esposte anche alle crescenti stranezze climatiche, che non è scontato non le insidino.
Una di queste cime è senza dubbio il Torrione Scoiattoli, nell'angolo settentrionale della dorsale del Pomagagnon. La massiccia formazione, alta oltre 200 metri e quasi schiacciata dalle retrostanti Pale de ra Pezories, si individua con un po’ d’occhio dai paraggi di Fiames, ma non è così marcata da suscitare né ammirazione né contemplazione.
Il Torrione venne "conquistato" per la fessura ovest e battezzato il 29.6.1955, da tre ragazzi di Cortina: Guido Lorenzi, Arturo Zardini ed Albino Michielli, tutti scomparsi da decenni. La loro salita, che non è noto quante ripetizioni possa contare, dopo una dozzina d'anni fu affiancata da una seconda via, aperta sul lato nord  il 7.7.1967 da Franz e Armando Dallago, e quindi da una terza, tracciata ancora sul lato ovest, dalle guide Alfredo Pozza e Mauro Valmassoi con Maria Petillo l'8.8.1992.
Lo scontroso Torrione Scoiattoli, 
da Fiames (ph. I.D.F., estate 2019)
L'itinerario meno difficile dei tre possibili per guadagnare la vetta supera il 5° grado, la discesa è complicata e non è difficile supporre che la guglia non sia un "must" per folle di aspiranti salitori. Essa è inserita in un angolo piuttosto selvatico, anche se non troppo distante dalla trafficata Statale d'Alemagna, tra gole detritiche, robusti mughi e rocce che si muovono di continuo, isolandola sempre più.
Non conosco le pareti del torrione, la cui sommità raggiunge "solo" i 1889 metri; ne sono però passato più volte ai piedi, immaginando la fantasia di Guido, Tamps e Strobel che chissà come lo scoprirono, e poi lo salirono sessant'anni fa e più, dedicandolo agli Scoiattoli di allora e di oggi.

12 set 2019

Punta Marietta, una cima misteriosa

Una cima in vista, in un punto fra i più visitati delle Dolomiti: nonostante questo, di essa si conosce poco e riserva ancora interrogativi storico-alpinistici. Mi riferisco alla Punta Marietta, torrione diviso in due guglie che si alza sul versante est della Tofana di Rozes, dalla schiena detritica lungo cui sale la via normale.
Sembra che la Punta celi qualche stranezza, dicevo. Prima: quotata 2973 m, ha un nome italiano, pur essendo stata salita in epoca austro-ungarica (4/7/1894), da sudditi tirolesi (J. Müller con le guide Angelo Zangiacomi "Pizenin 'Sachèo" ampezzano e Luigi Bernard, fassano di Campitello). Come era frequente nel periodo pionieristico, le guide erano già salite in vetta, per proporre poi al cliente una primizia.
Punta Marietta: sullo sfondo, la Tofana di Rozes
(foto D.D.V., 3.9.2019)
Seconda stranezza. La cima fu occupata a scopo tattico-strategico il 2/8/1915 da una pattuglia di Alpini: si potrebbe così pensare che l'avessero battezzata i soldati, forse col nome di qualche giovane della zona. Si è riscontrato però che il nome identificava la Punta già prima della Grande Guerra (Von Glanvell, Dolomitenführer - 1898); quindi si chiamava Punta Marietta  fin dalla conquista.
Dopo il conflitto, il 29/8/1923, la scalò per una nuova via Oliviero Olivo - cadorino di origine - che in quegli anni sfiorò da solo il VI grado sulle Marmarole. C'è infine notizia di una terza via, opera di Bruno Menardi Gim, guida che fino al 1972 gestì il sottostante rifugio Cantore.
Due cordate, di cui una capeggiata da una guida ampezzana, sulla Marietta persero un po' la bussola: non riuscirono a trovare la via originaria, e tanto meno la Olivo. Delle tre, l'una: o in un secolo (un po' di più, visto che il primo dei tentativi, quello senza guida, fu ideato nel luglio '94 per ricordare il 100° della conquista), la geomorfologia della cima si è così modificata da sconvolgerne i versanti; oppure le relazioni seguite erano errate oppure ancora i salitori non ci capirono niente.
Resta il fatto che non la salirono e uno dei quattro ogni tanto pensa ancora a chi abbia battezzato Punta Marietta, visibile fin dal Cadore e tanto massiccia quanto ignorata dall'alpinismo.

6 set 2019

Punta Giovannina, oceano giallo-nero

Nel cuore delle Tofane, sul versante sud-ovest della Tofana di Mezzo, c'è una punta, separata da essa dalla Forcella del Valon, l'alta insellatura che tocca chi traversa dalla Tofana Terza o dalla Seconda al rifugio Camillo Giussani. 
La punta, quotata 2936 m, domina Forcella Fontananegra con una parete giallo-nera perlopiù verticale e strapiombante alta circa 350 m, e si chiama Punta Giovannina. 
Punta Giovannina, col rifugio Camillo Giussani
(foto D.D.V., settembre 2019)
Dubito siano in molti a conoscere l'origine di questo oronimo, legato a una donna. Il nome della Punta fu suggerito dalla guida Celso Degasper (1903-84) che il 5 ottobre del 1933, in cordata con il collega e coetaneo Giuseppe Dimai Deo (1903-46), salì per primo la Punta dal versante sud. 
Per festeggiare la salita, la Punta innominata fu dedicata a Giovanna Apollonio, consorte di Degasper. La via delle guide ampezzane sulla Giovannina, ripercorsa  per la prima, e con una certa probabilità anche unica volta, il 16 luglio 1951 in meno di tre ore dagli Scoiattoli Ettore Costantini (1921-98) e Bruno Alberti Rodela (1925-2002), oggi non si salirebbe più a causa di un franamento che la sconvolse qualche decennio fa. 
In compenso, sulla parete che guarda il rifugio Giussani, dal 1960 in poi sono stati tracciati altri itinerari. Iniziarono, in quattro giorni di scalata, Albino Michielli, Lino Lacedelli e Claudio Zardini, seguiti nel 1968 da Ivano Dibona e Diego Zandanel, che per la loro via impiegarono tre giorni; nel 1975 toccò a Carlo e Agostino Demenego e infine, nel 1996, Davide Alberti e Paolo Tassi hanno concluso, almeno fino a ora, la cronologia alpinistica della Punta.
Sulla sommità suppongo sia possibile arrivare con difficoltà moderate, in traversata da Forcella del Valon, ma non mi sento di confermarlo, non avendola mai raggiunta e mancando di notizie in merito.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...