La
conoscenza del massiccio del Pomagagnon, a NE di Cortina, rimonta ad un'epoca certamente piuttosto antica. Punta Fiames (chiamata un tempo Croda di Fiammes), Punta della Croce (così battezzata circa centotrent'anni fa), Campanile Dimai (detto Teston del Pomagagnon
fino al 1905, poi dedicato ad Antonio Dimai), scendendo a N con pendii detritici e sassosi mediamente ripidi, furono indubbiamente battute
da cacciatori e dai pastori, che per secoli alpeggiarono le greggi
sui Prati del Pomagagnon.
Forse alcune cime erano state raggiunte già nel
Medioevo da chi – tentando di eludere le tasse imposte a persone
e cose dal Castellano di Podestagno – passava da Ampezzo a Ospitale scavalcando l'alta forcella che incide la dorsale, dalla quale - al posto
dell’attuale fiumana detritica - scendevano pendii erbosi con tracce di sentiero.
Nel romanzo “Sete di libertà e
d’amore”, ambientato nel 1500, Giuseppe Richebuono
suppone che una delle prime vette salite in Ampezzo sia stato
proprio “il Pomagagnon”.
Secondo l’autore, il giovane Biagio di
Col, per sfuggire ai nemici che lo inseguivano, avrebbe raggiunto una delle vette del crinale,
soccombendo al termine dell’impresa per il freddo e la fatica.
Il
dato potrebbe anche essere verosimile, poiché dell’alpinismo
pre-pionieristico troppo poco si sa. Ci piace supporre che una delle
prime montagne violate in Ampezzo appartenga al Pomagagnon, e magari sia la Costa del Bartoldo, la più nota, anche se non la più alta del
massiccio.
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Il Pomagagnon da N, photo: courtesy Roberto Vecellio |
La prima testimonianza scritta della salita di una vetta
del gruppo la fornì Paul Grohmann, nel 1877. Sembra, infatti, che il
pioniere abbia raggiunto almeno una elevazione della dorsale, che
chiamò dapprima Pomagagnon e in seguito Punta della Croce e quotò 2290 m,
dichiarando d’averla raggiunta “in dieci minuti di ripida salita”
da Forcella Pomagagnon.