Un'estate, in compagnia di giovani e più forti amici, tentai la salita di una cima che, sfortunatamente, è mancata dal mio “carnet” di conoscenze in Dolomiti: il Campanile Rosà, nel gruppo delle Tofane.
L’aguzzo monolite di 100 m d’altezza, fronteggia la parete SE del Colle omonimo e si nota bene da vicino o in particolari condizioni di luce.
![]() |
16 agosto 2008 |
Fu salito da due guide, Angelo Dibona e Celestino de Zanna con Amadeo Girardi e Leopoldo Paolazzi, il 17 agosto (ma forse era il 17 ottobre) 1910.
La loro via, abbastanza impegnativa e sulla quale Dibona usò qualche chiodo, fu discretamente ripetuta nei tempi d'oro (seconda salita: F. Terschak-I. Siorpaes, G. Sperti-A. Cancider, 29 ottobre 1920), ed è stata anche teatro di incidenti, per la roccia non sempre sicura.
Giusto ottant'anni fa, nell'estate 1931, Piero Dallamano e Renato Ghirardini tracciarono sulla guglia una seconda via, esposta e con passaggi fino al V: passarono altri dieci anni e, nell’estate 1941, le guide Giuseppe Dimai e Celso Degasper con i fratelli Melloni corressero la via Dibona con un tiro che toccava il VI.
Riprendendo il discorso, la nostra salita non ebbe buon esito, perché si mise presto a diluviare e fummo costretti a fare marcia indietro.
Ripensandoci, mi rendo conto che forse avevamo sbagliato itinerario, perché - credendo di essere sulla Dibona - in realtà avevamo pasticciato sulla Dallamano, sul lato opposto.
Pur essendoci passato spesso alla base, non ho più avuto occasione di andare a curiosare intorno al Campanile Rosà, attraente per la forma, l’isolamento, la storia che reca le firme di alpinisti illustri.
Non so quante ripetizioni abbia avuto in un secolo, e mi piacerebbe anche sapere da chi vi è stato, cosa ha provato, spuntando in cima a quella bellissima lama rocciosa, teatro di imprese di pionieri ma oggi fatalmente fuori moda.
Val Fiorenza, 16 giugno 2004 |