Cresta
di Val d’Inferno: un gruppo di guglie aguzze e spuntoni minori
dal nome un po’ truce, che separa la Carnia dal
Cadore e appartiene alla giogaia dei Brentoni-Castellati.
Cime non sempre comode e spesso friabili, con accessi talvolta lunghi e faticosi, angoli
solitari dove resta sempre qualcosa da scoprire: questo offre la cresta, un luogo genuino e romantico. Dai pinnacoli della cresta che guardano l'altopiano di Razzo, emerge il secondo Torrione
(2311 m), dalle linee eleganti se non ardite, alto sui pascoli di Camporosso e sui boschi che scendono in Val
Frison.
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I Brentoni, dalla strada di Casera Doana 27 giugno 2010 |
Lungo lo spigolo S sale una via, ritenuta una delle più interessanti del gruppo, che anni addietro percorsi due volte.
L'avevano tracciata nel 1938 due grandi alpinisti dolomitici, Castiglioni e Detassis,
durante la minuziosa esplorazione delle Alpi Carniche per la stesura dell’omonima guida, uscita nel 1954.
La via, anche se non particolarmente succulenta (sono 220 m di media difficoltà, su roccia
non sempre eccellente), presenta alcuni pregi che la rendono apprezzabile da chi predilige un certo alpinismo, oggi in via d’estinzione.
Per me fu già bello
salire in un fresco mattino di fine ottobre verso lo spigolo, verso Forcella Losco e Camporosso e poi seguendo il sentiero di Forcella Valgrande, che presto si lascia per un pendio di erba
e ghiaia dominato dal Torrione.
Per noi, abituati alle famose crode di casa,
il panorama era insolito: Carniche, Giulie e Dolomiti si
proponevano agli occhi in un avvicendarsi di piani diversi, che
avrebbe colpito anche l’osservatore più distratto.
Nessun rumore
turbava quegli spazi aperti, quell'ambiente dorato; forse più in autunno, il periodo ottimale per aggirarsi sui
Brentoni, su quelle crode la pace regna sovrana.
Fu bello salire la via con calma, godendo i singoli passaggi, mai duri
ma neppure banali: la rampa, le pareti sul filo dello
spigolo, il diedro, la cresta finale, fino in
vetta.
Fu piacevole godersi il sole sul poco spazio disponibile, vagando col pensiero sulle crode che
si offrivano alla vista, mai così nitide come in quella giornata. La conclusione della gita ci vide poi scendere soddisfatti per
la via normale, districandoci fra salti ghiaiosi e ripide cenge erbose solcate dai
camosci.
Fu infine dolce terminare la giornata andando pian piano incontro alle luci della valle e lasciare nella sera ormai vicina la solitudine
dell’altopiano.
Fu bello, e valse la visita, il secondo Torrione della Cresta di Val d’Inferno, nei Brentoni. Chi lo sale, se può, lo salga in silenzio, sottovoce, per mantenere il
fragile incanto che ancora resiste lassù. Ne sarà di certo gratificato.