Le mie montagne, con la loro storia e le vicende di chi le ha vissute e amate e oggi le conserva nei pensieri: anzitutto le montagne ampezzane, ma qualche volta anche altre. Berg Heil!
30 dic 2020
La variante della Dimai sulla Fiames: curiosità storiche
22 dic 2020
Vagabondando fra i nomi delle montagne d'Ampezzo
Chi scrive ha nel cassetto, in attesa di tempi migliori, una collezione personale di toponimi ed oronimi del territorio ampezzano che vantano origini post-belliche o alpinistiche, per cui in genere non si perdono nelle tenebre medievali e distinguono forcelle, rifugi, vette e luoghi vari scoperti in conseguenza dell'utilizzo turistico delle nostre montagne.
Finora nella collezione se ne sono accumulati oltre 120, a partire da quelli coniati nel 1860-70 da Paul Grohmann, il “primo salitor delle montanie d'Ampezzo” come ebbe a definirlo una delle sue guide, Angelo Dimai Deo senior, e fino a tempi recenti.
Alcuni oronimi e toponimi sono legati a peculiarità morfologiche del territorio, altri a persone - alpinisti o meno - che ebbero qualche relazione con i luoghi o con la storia locale; altri ancora vanno ricondotti ad uomini o cose di cui - man mano che il tempo avanza - è sempre più complesso ricostruire i contorni.
Punta Erbing, oronimo coniato nel 1905 (foto E.M.) |
Diversi nomi erano ignoti nella valle d'Ampezzo prima della Grande Guerra (ad esempio, sono di formazione bellica almeno: Becco Muraglia, Castelletto, Col Gallina, Col Pistone, Testaccio); altri sono nati negli ultimi decenni (Guglia Raffaele, Torre Elisabetta e Torre Paola sono creazioni della guida Franz Dallago poco più che "adolescenti", del 1996), altri ancora derivano da toponimi ladini originali "addolciti" ad uso turistico (Cima Prati, Ra Valles, Rio Gere, Forcella Rossa, Vitelli). Tutti insieme formano un gruppo compatto e abbastanza folto di termini, e non tutti sono stati analizzati a fondo dagli autori e dai testi che si sono occupati della toponomastica ampezzana.
Insomma, lavoro da fare al riguardo ce n'é ancora, e sicuramente nel prosieguo delle indagini - che contiamo di fare, complice l'attuale maggior disponibilità di tempo libero - usciranno magari notizie e curiosità stimolanti per chi attende a questi studi, preziosi e particolari.
18 dic 2020
Quarant'anni fa sulla Cima, o Torre del Lago
8 dic 2020
Il Calvario della Punta Fiames nelle Dolomiti
L'appassionato che conosca la Punta Fiames, cima emergente dal profilo della valle d'Ampezzo verso nord-est, quasi certamente conoscerà anche il "Calvario". Nota agli scalatori perché è utile soltanto a loro, è la traccia, oggi più definita ma ancora un po' arcana, che unisce le pendici cosparse di mughi del Pomagagnon, dette “Cojinàtes”, con gli attacchi degli itinerari sulla parete sud-ovest della Punta: le classiche Dimai e Jori, la Direttissima, la Centrale, la moderna Paolo Rodèla.
Per capire il perché del nome di Calvario, assegnato alla traccia in epoca e da persone ignote e trasmesso solo oralmente, si provi a percorrerlo in un giorno di sole; data l'impietosa esposizione a sud, risulterà torrido e faticoso. Si aggiunga la mancanza di acqua lungo l'accesso, che dalla zona ospedaliera di Cortina, base di partenza per molti scalatori, richiede oltre un'ora (se non si sbagli sentiero), e il quadro è completo.
Il Calvario, non facile - e in ogni caso, illogico - per i semplici escursionisti, poiché ad un certo momento la traccia è sbarrata da un camino di 20 m, di roccia buona ma verticale e sprotetto (3° inf.), fu scoperto dalle guide Antonio Dimai e Agostino Verzi ad inizio secolo, mentre perlustravano la parete cercando la prima via, sulla quale poi accompagnarono il 7 luglio 1901 il cliente J.L. Heath.
Desta senz'altro ammirazione l'intuito dei due ampezzani, che almeno fino alla Grande Guerra formarono una solida e celebre cordata, nell'insinuarsi fra ghiaie, mughi, rocce e terra verso la terrazza inclinata emergente sullo zoccolo, dalla quale iniziano le vie.
Il Calvario prende avvio ai piedi della Punta della Croce, un po' spostato rispetto alla verticale della Fiames; sale sinuosamente, piega verso la Fiames, valica il canale che la stacca dalla Punta della Croce e continua infine sullo zoccolo fino ad una macchia di ghiaie che spicca già da Cortina.
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Punta Fiames e Calvario (foto I.D.F. novembre 2020) |
Il primo tratto del percorso, che nasce dal sentiero di Forcella Pomagagnon ai piedi del grande ghiaione e traversa dapprima quasi in piano superando vari canali detritici, che ogni anno mutano forma e aspetto, è agevolato da qualche segnavia, che rassicura chi non conosce la zona.
Il 16 dicembre 1984, una giornata tiepida e quasi estiva, salii il Calvario con Roberto, che desiderava conoscerlo. Giunti alla macchia di ghiaie, facendo merenda gli illustrai il percorso della soprastante via Dimai, che quell'anno avevo salito due volte; dopo un bagno di sole, prendemmo contenti la via di casa e per pranzo eravamo a tavola.
Ricordo come molto piacevole quella pur "illogica" divagazione; avendo l'attrezzatura, sarebbe stato bello proseguire per la Dimai, una via che - per chi crede a queste cose - oltre ad un valore alpinistico, ne ha anche uno storico e ambientale. Dopo molti anni, la ricordo bene.
Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria
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