Ho notato con piacere che i post che contengono proposte di luoghi e itinerari poco noti, condite magari con briciole di storia e di toponomastica, piacciono particolarmente, per cui insisto presentando un sito ampezzano che si vede bene dalla "vasca" di Corso Italia, ma ben pochi conoscono e sicuramente nessuno frequenta: il Sas del Rana, ai piedi del Pomagagnon.
Sulle pendici meridionali della Punta Erbing, chi guarda da Cortina può notare un roccione che emerge dalla vegetazione con un dirupo giallastro, ricoperto da conifere nella parte superiore.
Quel roccione porta l'oronimo, quantomeno originale, di Sas del Rana, che non abbisogna di traduzioni. Secondo una fonte autorevole come Illuminato De Zanna - Camillo Berti, "Monti boschi e pascoli ampezzani nei nomi originali" (Bologna, 1983), ripresa anche da altri, l'oronimo si legherebbe al soprannome di una famiglia del sottostante villaggio di Chiave, o forse di un unico individuo, magro e scattante come l’anfibio di cui portava il nome.
Il collegamento del masso alla famiglia però non è immediato, e deriva abbastanza sicuramente da motivi silvopastorali. Alla base del Sas transita la piacevole strada boschiva che collega Fiames con Mietres e Larieto, ma la salita sul Sas - ammesso che si abbiano motivi validi per compierla, e forse quella domenica d'estate di qualche anno fa Iside e io li avevamo, ma non la completammo ugualmente - non pare di gran valore escursionistico o alpinistico.
Il Sas del Rana: in alto a sinistra Croda dei Cestelis, a destra Punta Erbing (photo: courtesy of idieffe, 9/5/2013) |
Anche la breve parete che guarda Cortina, ad un esame sommario, non attrae i patiti di roccia: l’interesse che riveste il Sas è più che altro oronomastico, magari per cercare di individuare antiche connessioni (un'idea che azzardo ...) di carattere esoterico, o chissà che altro.
Personalmente fino al 1976, pur avendolo guardato mille volte, non sapevo che quel macigno avesse un nome. Me lo disse l’anziana guida ampezzana Angelo Dimai Déo, originario di Chiave, che la zona la conosceva per averla praticata, forse per cercarvi funghi, legna o altro o forse per ripetere la via sulla Punta Erbing da sud, aperta dal padre Antonio con un cliente tedesco nel 1905.
Conservo l’informazione come un bel ricordo di un’illustre figura dell’alpinismo, con cui parlai più volte e dalla quale appresi diverse cose interessanti. Quando uscì la guida di De Zanna e Berti, ricordo che pensai con un certo sussiego “... questa storia del Rana, io la conoscevo già... ”.
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