“Lago
di capo del bastone”: tradotto in italiano, il nome stride un po',
e forse non ha corrispondenze in nessun altro luogo. L'amica Lorenza
suggeriva che il significato letterale è sì poco chiaro, ma la
vicina presenza della Muraglia di Giau potrebbe alludere ai
contrastati rapporti che intercorsero nei secoli fra gli ampezzani e
i sanvitesi per questioni di pascolo.
Il "Lago de Ciou de ra Maza" è il piccolo, isolato, silenzioso specchio d'acqua affondato a 1891 m di quota nella fitta selva che copre le pendici dei Lastoi del
Formin. La maggior parte dell'area denominata "Ciou de ra
Maza" appartiene alle Regole di San Vito di Cadore, e sotto il laghetto si snoda una strada forestale poco battuta, che sale da
Rocurto e si interrompe sul limite confinario sancito nel 1753 con la Muraglia di Giau.
Se non è un'antica espressione,
un'interiezione usata dai pastori, il nome si potrebbe leggere come
“l'inizio/la fine del bastone”, cioè del territorio ampezzano;
oppure, più semplicemente, come “il bandolo della matassa/il
motivo del contendere”, visto che il lago fornisce le prime
acque al modesto ruscello che in basso si rinforza, diventando il
torrente Costeana, col quale gli ampezzani “ostacolavano” i
vicini sanvitesi nella marcia verso i pascoli di Giau.
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Ciou de ra Maza in versione tardo-autunnale, 21/10/2012 (foto I.D.F.) |
Se il toponimo di
questo luogo di confine dalla parte di Cortina suscita insicure interpretazioni, quello cadorino forse è un po' più evidente: nell'Atlante toponomastico del territorio sanvitese pubblicato di recente, si legge che i vicini chiamano la zona “Laghete de Iou/Giou de
la Maza”, riferendosi all'antico letto di un torrente che probabilmente bagnava la zona, o forse proprio al letto di quello
che oggi si denomina Ra Costeana.
Il circondario è davvero
suggestivo: a Ciou de ra Maza - dominato da arcane propaggini dei
Lastoi del Formin che forse non hanno ancora attirato le brame degli
scalatori - le stagioni passano senza vedere tanta gente.
La plaga che lo avvolge è
abbastanza intricata e aspra, e sfiorando il Lago in
una tiepida giornata d'autunno, sulla neve che già ne imbiancava la riva ombrosa ci parve di aver notato le
impronte delle anguane dai pie' di capra, che escono dalle loro
dimore per risciacquare i panni, ma fuggono non appena le si disturba.
... ed io sono una delle anguane che fa la guardia ai dintorni, che ogni giorno si specchia sulle acque del lago per pettinare le lunghe trecce, che avrà cura per sempre di quei luoghi sacri...
RispondiEliminaNel 1992 passai tutte le vacanze estive a Cortina ... a letto a causa di una brutta bronco-polmonite. Dalla piccola finestra della mia camera potevo vedere una altrettanto piccola porzione di mondo che si estendeva dal bosco sopra il ponte di Rucurto fino alle ultime pendici della Croda da Lago. Ebbi il tempo e l'occasione di studiare in dettaglio lo spallone che i Lastoi de Formin protendevano verso di me e di convincermi della sua percorribilità escursionistica. Fu così che l'anno successivo dedicai qualche giornata ai Lastoi raggiungendone la cima oltre che lungo il suddetto spallone, anche per i tre facili e solitari canaloni che salgono dal versante nord. E fu anche così che scopersi il Lago Ciou de Ra Maza. Mi ci affezionai e per qualche anno le mie discese da Forcella Giau mi accompagnavano sempre a lambire le acque di questo piccolo specchio d'acqua. Mi è rimasto tuttavia il cruccio di non aver mai incontrato qualche anguana. Che nei dintorni ce ne siano l'ho saputo fin dal primo momento, perchè fu di sicuro un'anguana dispettosa che dapprima mi sfilò l'orologio un giorno che me ne stavo a poltrire sulle sponde del laghetto e il giorno successivo, impietosita, me lo fece ritrovare.
RispondiEliminaCiao Ernesto e un saluto affettuoso all'anonima fanciulla
Saverio
P.S. Quanti ricordi mi si sono ripresentati alla mente grazie ai tuoi ultimi due post!
Caro Saverio,
Eliminapensavamo proprio a te, scrivendo di Ciou de ra Maza, preoccupati del tuo lungo silenzio.
Non avevamo comunque dubbi che tu avessi già visitato e apprezzato, da romantico quale sei, anche quello spicchio di Ampezzo così arcano e misconosciuto dagli stessi autoctoni.
Per noi è stata una scoperta tardiva, ma indimenticabile, e ci vorremmo tornare ancora qualche volta. Ne abbiamo scritto anche sulla rivista "Le Dolomiti Bellunesi", sperando che chi vorrà visitarlo lo faccia col ... fiato sospeso.
Le anguane comunque ci sono, nel tardo autunno di cui all'immagine le abbiamo sentite frusciare...
Grazie della fedeltà alle mie "cronachette alpestri", come le definì una persona arida, invidiosa e desiderosa di smontarle, che non ci riuscì.
Ernesto e l'anonima fanciulla