Non
credo proprio che la domanda se la pongano in molti, ma una risposta ce l'ho.
Quanti antroponimi, cioè nomi di luogo della nostra Cortina ricordano o si collegano in qualche maniera a persone locali o forestiere che
hanno caratterizzato la storia della valle?
Da un approfondimento personale, risulta che gli antroponimi in questione sono un gran numero, e si riferiscono a strutture esistenti o scomparse, bizzarrie naturali,
luoghi di caccia, fienagione e pastorizia impalliditi nel ricordo,
infrastrutture turistiche e altro. Restano fuori, per il momento, i nomi - spesso abbastanza recenti - affidati a cime, guglie, torrioni, vie alpinistiche, che sono anch'essi decine e presuppongono una catalogazione a parte.
Quale Danel diede il nome a questo prato isolato ai piedi del Sorapis? (foto E.M., 28/9/2013) |
Molti luoghi si conoscono
soltanto per iscritto e non per averli identificati sul terreno (anzi, per qualcuno la cosa è diventata difficile), ma questo potrebbe anche essere l’input per andare a cercare tra i boschi e sulle cime.
Gli antroponimi recuperati ricordano
Mèto, Santo, il Mardochèo, il Curto e Andol, l’albergatore
Frasto, tale Bartoia, il Capon, le sorelle cuoche Mescores.
E ancora le ostesse Pioaneles, Saeries e Sceches, un antico
Conte e il Moisar che fuggiva gli uomini; un lontano Bartoldo è
ricordato due volte, c’è l'inglese Ester e gli sfortunati Grisc e
Macaron.
E poi, prima che insorga il mal di testa, nei luoghi ampezzani troviamo
memoria di Catina de Agnesc, del Jaibar e di un Pilato, di
Mia del Gheto, Dea, un Mouta e un ‘Sacheo, di Lia e di un antenato (forse anche mio) Danel, ed infine ci sono le Baraches e il Mocio.
Ci resta ancora il ricordo di
due morti senza nome, di un ‘Sandeaco, dell’intraprendente
Menighel e del solitario Zorzi, di Stefin e del magro Rana,
del Miceli, del Ris-cia e dei tre Tònes, di un Pelèle e del Jandarmo marebbano che lavorava a Cortina, di tutti i Chenope medioevali, del Vecia, del Touta...
Sono tanti personaggi, reali o leggendari, dispersi nei meandri
della storia e per la maggior parte di essi è improbabile riuscire a identificarli con certezza in carne ed ossa.
E' certo però che tutti loro, valligiani e non, certamente persone semplici
e senza velleità di protagonismo, per un motivo o per l’altro lasciato hanno una traccia concreta nella toponomastica d’Ampezzo, e la cosa merita un po' d'attenzione e d'interesse non solo da parte degli studiosi.
Due curiosità: il Conte del "Ciou del Conte" si ha idea a qualche conte si riferisce e la Sela del Comandador, che non so bene se sia un ghiaione o uno sperone roccioso sotto le Crepe de Zumeles o forse la "sella" sopra questo sperone, a chi si riferisce. Consultando Lorenza Russo mi sembra di capire che Comandador sia sinonimo o quasi di Jandarmo, ma che cosa ci faceva un "dipendente pubblico" lassù. Forse il ricordo di una disgrazia?
RispondiEliminaCiao e Buon Anno
Saverio
Che domande difficili! Il Conte dovrebbe essere quel Mattia Franceschi da Cianpo, fratello di Silvestro progettista del campanile, protagonista dell'omonima piece teatrale in ladino ampezzano: un religioso che arrivò a Vienna e qui si fece onore.
EliminaComandador penso si riferisca a azioni, cariche, demeriti o meriti acquisiti dal pubblico ufficiale in paese, non certo lassù.
Buon 2016 anche a te.
Ernesto
Un'altra curiosità, anche se leggermente più a Sud. Tantissimi anni fa ho compiuto un bel giro (tra i boschi e non tra le crode) con mia moglie, partendo da Vodo, con meta il rifugio Talamini e ritorno per l'appena accennata forcella Colonel de la Stanga. Conosci l'origine di questo nome? Quel giro mi è rimasto impresso per un paio di fatti curiosi: salendo al rifugio, lungo il sentiero, evidentemente non molto frequentato, avevo trovato un bel porcino; arrivati alla nostra meta notammo uno zoldano che aveva esposto sul tavolo una notevole raccolta di funghi e notai con mia sorpresa che si trattava del porcino estivo (Boletus aestivalis) frequente in Appennino, ma che non avevo mai visto in Dolomiti. Mia moglie, con il suo fare da finta ingenua, circuì l'uomo che non le rivelò dove li aveva trovati, ma le spiegò in dettaglio l'ambiente in cui crescevano. Al ritorno ci imbattemmo in un ambiente del tutto simile a quello descritto e facemmo una più che discreta raccolta. Tuttavia la zona era molto umida e infestata dalle zanzare che presero di mira la mia signora. All'epoca usavamo ancora i pantaloni di velluto a coste e, una volta tornati a casa, le gambe di Anna Maria presentavano file di punture corrispondenti esattamente alle zone del pantalone prive di velluto.
RispondiEliminaI soliti ricordi nostagici
Ciao
Saverio
1. Sicuro che fossero zanzare? E non forse la Trombicula? So che in destra Boite ci sono molte zone paludose, mi sembra strano però che siano tante zanzare.
RispondiElimina2. Il "colonèl" è la porzione di legna assegnata annualmente ai regolieri del Cadore (a Cortina è semplicemente la "consegna"); de la stanga sarà conseguente a qualche micro-toponimo della zona.
Ciao.