Durante la mia 16^ Dimai, 24.V.1987 (foto Mauro Casanova) |
Una volta (e anche oggi, seppure in modo un po' diverso …), si trovavano molto spesso belle occasioni per festeggiare. Trent'anni fa, di questi tempi - dato che non volli organizzare la festa tradizionale - come avrei potuto solennizzare la mia laurea, se non con una salita in montagna?
Detto fatto! Chiamai Nicola, con il quale qualche mese prima avevo salito due bellissime vie ampezzane, il Diedro Dallago sulla Cima Cason de Formin e il Diedro Dall’Oglio della Cima del Lago, prima di buttarmi a capofitto negli ultimi due esami, e gli feci una proposta, classica ma per lui nuova, vista la giovane età: la via Dimai sulla Punta Fiames, la "paré", che io avevo conosciuto con Ivo fin dal maggio 1976.
Nicola aderì di getto. Era il 20 aprile, due settimane dopo il superamento del sospirato esame di laurea; il cielo non appariva propriamente limpido e invitante, ma la temperatura era piacevole, la neve era sparita da un pezzo e di prima mattina, lasciata la macchina nel piazzale dietro il "Putti", ci dirigemmo spediti verso la Fiames, fidando nella buona sorte.
Lungo la via non trovammo nessuno; salimmo regolari e ce la gustammo come si può gustare una salita che conoscevo quasi metro per metro e della quale padroneggiavo le difficoltà e l’impegno globale.
Per l'amico diciannovenne, che saliva come una scheggia divertendosi un mondo, la Dimai fu una gradevole scoperta, cui tra la primavera e l'estate ne seguirono alcune altre, prima che ognuno andasse per la propria strada. Per me, il fatto di dividere con un nuovo compagno di cordata, di cui mi sentivo un po' "tutor", il piacere di una divertente giornata, fu motivo di doppio orgoglio.
Non ricordo particolari precisi della salita, se non che quella fu la mia quindicesima "paré". Ricordo invece che, mentre scendevamo per le ghiaie di Forcella Pomagagnon, il tempo non si trattenne più e si scatenò il diluvio. Sotto l’acqua fine ma insistente di quella giornata incerta di primavera, quasi corremmo per la strada forestale fino alla macchina, e poi via a casa di Nicola, dove le angustie materne si sciolsero con una bella asciugatura e un tè bollente, che ci rimise in pace col mondo. Poi, quasi come dei piccoli Marco Polo, Luigina e Elio ci interrogarono a dovere sulla salita, che credo - a tanto tempo di distanza - anche Nicola potrebbe ancora rievocare.
Non ricordo particolari precisi della salita, se non che quella fu la mia quindicesima "paré". Ricordo invece che, mentre scendevamo per le ghiaie di Forcella Pomagagnon, il tempo non si trattenne più e si scatenò il diluvio. Sotto l’acqua fine ma insistente di quella giornata incerta di primavera, quasi corremmo per la strada forestale fino alla macchina, e poi via a casa di Nicola, dove le angustie materne si sciolsero con una bella asciugatura e un tè bollente, che ci rimise in pace col mondo. Poi, quasi come dei piccoli Marco Polo, Luigina e Elio ci interrogarono a dovere sulla salita, che credo - a tanto tempo di distanza - anche Nicola potrebbe ancora rievocare.
Io la ricordo soprattutto per un motivo: quella fu la prima via alpinistica del "dottor Ernesto Majoni". La citazione è assolutamente autoreferenziale, ma dentro di me quella coincidenza fu per un lungo periodo una intima soddisfazione.
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