Mi pare un po' strano, ma plausibile: tra le sommità maggiormente rilevanti della cresta della Croda da Lago, quella più a nord (che fa da sfondo al piccolo pascolo di Formìn, sorvegliando l'accesso alla valle omonima con una parete verticale di roccia rossastra: vedi l'immagine qui sotto, ripresa dal sentiero del Rifugio Croda da Lago nel punto in cui attraversa il Ru de Formin), fino al 1930 non aveva un nome.
Per quale ragione? Forse soltanto perché, al contrario della restante cresta, che presenta numerose elevazioni esplorate fin dagli anni Settanta dell'800, quella sommità - evidente se osservata dal sentiero che sale al Lago di Federa - non era mai stata oggetto di curiosità.
Le cose mutarono un giorno di metà di luglio del 1930, quando il vulcanico Angelo Dibona, il giovane collega Luigi Apollonio e i fratelli Olga e Rinaldo Zardini decisero di salire la parete occidentale della cima ancora innominata, che si scorge d'infilata nella classica escursione da Pezié de Parù o Rocurto al lago sopra citato.
La via Dibona (un po' sottovalutata nella relazione della guida Berti, secondo un conoscente che l'ha salita qualche anno fa) non dev'essere un capolavoro, e invero non deve avere avuto moltissime visite. Essa rivelò comunque ai primi salitori una cima sulla quale nessuno aveva ancora messo mano, che fu battezzata col nome odierno.
Cima Cason de Formin, in una inconsueta cartolina (arch. Majoni) |
Dopo il 1930 una lunga serie di alpinisti, singolarmente tutti di Cortina, si avvicendò nel salire da ogni versante la vetta che - a differenza di quelle vicine - almeno presenta roccia perlopiù solida.
Da Marino Bianchi, che nell'agosto del 1944 passò con Dino Menardi nel centro della parete nord, incombente sulla radura di Formìn, si giunge fino a Massimo Da Pozzo, che nel settembre 2012 - con Pierfrancesco Smaltini e un trapano - sulla stessa parete ha trovato l'ultima (?) possibilità logica di salita.
Da Marino Bianchi, che nell'agosto del 1944 passò con Dino Menardi nel centro della parete nord, incombente sulla radura di Formìn, si giunge fino a Massimo Da Pozzo, che nel settembre 2012 - con Pierfrancesco Smaltini e un trapano - sulla stessa parete ha trovato l'ultima (?) possibilità logica di salita.
Tra tutti loro si posiziona Franz Dallago, che sulla cima ci lascia tre nuovi itinerari. Quarant'anni dopo Dibona, il 23 settembre 1970, la guida salì infatti con Dino Constantini il regolare diedro occidentale, quasi parallelo alla via Dibona ma inspiegabilmente ancora ignorato.
Il "diedro del Naza" riscuote ancora oggi il gradimento degli appassionati, per le difficoltà classiche (IV sostenuto, con passaggi atletici su parete compatta, fino al rovinoso canale finale) e per l'ambiente solitario e tranquillo. Anche il sottoscritto ha avuto il piacere di ripetere quella bella salita, per quattro volte.
Dimenticavo: la cima di cui si discute, quotata 2376 m, per la cronaca si chiama "Cima Cason de Formìn".
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