"Brevi escursioni panoramiche" di Nicolò Miana (Idea Montagna Editoria e Alpinismo 2012, pp. 279, € 22): un nuovo catalogo di gite dolomitiche?
"Ce ne sono già tanti in giro ..." potrebbe dire qualcuno. Ma questo libro è un po' diverso. Prima di tutto, le escursioni descritte sono tutte abbastanza brevi, mediamente facili e molto panoramiche: specie il secondo aspetto, in un mondo sempre più spinto alla prestazione e ai record come quello di oggi, può essere un grosso pregio.
Alcune poi, al margine di vette e sentieri celebri, sono proprio originali e potranno fare da stimolo a chi “ha fatto tutto o quasi tutto”. In terzo luogo, il volume è abbellito da immagini molto belle.
Di certo Miana è un appassionato camminatore, ma anche un ottimo fotografo: non necessariamente le due cose camminano di pari passo, ed è logico che sia così.
In montagna non è facile carpire il momento giusto per fotografare, trovarsi in vetta con le luci del tramonto o su un pascolo spolverato di neve, intravvedere il sole radente in un bosco, sorprendere un fiore alla prima gelata, immortalare una nuvola dalle forme strane o lo spettro di Brocken.
"Ce ne sono già tanti in giro ..." potrebbe dire qualcuno. Ma questo libro è un po' diverso. Prima di tutto, le escursioni descritte sono tutte abbastanza brevi, mediamente facili e molto panoramiche: specie il secondo aspetto, in un mondo sempre più spinto alla prestazione e ai record come quello di oggi, può essere un grosso pregio.
Alcune poi, al margine di vette e sentieri celebri, sono proprio originali e potranno fare da stimolo a chi “ha fatto tutto o quasi tutto”. In terzo luogo, il volume è abbellito da immagini molto belle.
Di certo Miana è un appassionato camminatore, ma anche un ottimo fotografo: non necessariamente le due cose camminano di pari passo, ed è logico che sia così.
In montagna non è facile carpire il momento giusto per fotografare, trovarsi in vetta con le luci del tramonto o su un pascolo spolverato di neve, intravvedere il sole radente in un bosco, sorprendere un fiore alla prima gelata, immortalare una nuvola dalle forme strane o lo spettro di Brocken.
Tanti di noi amano camminare e scattare fotografie senza fare grande attenzione alla qualità, ma solo per il piacere di immortalare certi luoghi, momenti e passaggi, conservare e riguardare le immagini, magari pubblicarle dopo accurati restyling.
L'autore invece, mentre sale sulle cime, manovra magistralmente la sua macchina fotografica: sa aspettare, scegliere la prospettiva migliore, bloccare l'attimo fuggente, dipingere panorami nuovi che poi regala in questo volume secondo della collana “Sentieri d'autore”, dell'amico editore Francesco Cappellari.
Le proposte del libro sono 50: 9 nelle Pale di San Martino, 3 intorno ai passi San Pellegrino e San Nicolò, 11 nelle Dolomiti Agordine, 9 in quelle di Zoldo e 18 in quelle Ampezzane.
Dislivelli e difficoltà sono diversi seppure omogenei, ci sono molte cime ma anche forcelle, laghi e rifugi; appaiono escursioni classiche e super frequentate ed altre semisconosciute, sorprese sicuramente piacevoli per chi vagabonda in montagna con l'occhio attento e il cuore palpitante.
Dislivelli e difficoltà sono diversi seppure omogenei, ci sono molte cime ma anche forcelle, laghi e rifugi; appaiono escursioni classiche e super frequentate ed altre semisconosciute, sorprese sicuramente piacevoli per chi vagabonda in montagna con l'occhio attento e il cuore palpitante.
A chi scrive, amante delle statistiche, è piaciuto scoprire che le proposte nelle “sue” Dolomiti d'Ampezzo le conosce tutte 18 (e quelle nelle Dolomiti Agordine in buona parte): per questo, nelle stagioni a venire potrebbe uscire dal guscio.
La foto di copertina è decisamente accattivante. Così sono andato a curiosare per sapere quale era l'altro titolo della collana e confesso di essere rimasto deluso. Si parla di ferrate (e tante) attorno a Cortina. Ce ne sono di classiche e belle (la Tomaselli, prima di tutte, la Lipella, Punta Anna e il Col Rosà, quelle del Cristallo (ma la De Pol mi pare poco di moda) e il semplice ma simpatico Averau), ma ce ne era bisogno di nuove? Fino a 30 anni fa le apprezzavo, ora non mi piacciono più (o meglio non mi piace troppo la gente che le frequenta). Mi diverto molto di più a trovare misteriosi e a volte utilissimi spezzoni di corda, messi da chissà chi e chissà perchè nei posti più improbabili (ad esempio dalla Cengia Veronesi alla cresta della Cima Fanis di Mezzo). Tornando alle nuove ferrate, la Sci 18 non serve solo per farsi ammirare da chi sale comodamente in funivia e il Col dei Bos non lo si poteva lasciare in santa pace, lui e quei pochi che lo salivano? Ma forse sono solo un vecchio brontolone
RispondiEliminaSaverio
Condivido.
RispondiEliminaLa ferrata Sci 18 è stata voluta dalla società Funivia Faloria per rivitalizzare la zona d'estate, e ha molto successo, anche d'inverno; non l'ho mai fatta.
La ferrata Col dei Bos ricalca un percorso di allenamento della Guardia di Finanza ed è stata costruita e gestita dalla GdF in totale autonomia; non l'ho mai fatta.
Mi dicono che entrambe piacciono molto.
E la vecchia fune rugginosa sulla cresta della Croda de r'Ancona? Dopo avere accusato di abusivismo l'installatore, la volevano demolire, eppure mi risulta ancora lassù, e un pochino è utile.
Ciao.
E.
Grazie per la bella recensione! :)
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