Quarant'anni fa come oggi, il 15 aprile 1973, due grandi alpinisti di Cortina già vicini al mezzo secolo, Lino Lacedelli e Renato De Pol (caduto due settimane dopo sullo spigolo Jori della Punta Fiames), aprirono una via sulla parete N della Torre Quarta Alta, di cui poche fonti riportano la notizia.
Valutata di 6° grado, fu l'ultima apertura di Lacedelli, ad un trentennio dalla prima sulla Cima O della Torre Grande. Breve ma impegnativa, in seguito la via Lacedelli-De Pol è stata ripetuta alcune volte e forse viene ancora salita.
La Quarta Alta emerge come un enorme dente storto dalla selva delle torri d'Averau ed era già stata salita su tutti i fianchi: la via normale da O è una scalata le cui caratteristiche fanno sicuramente sorridere gli alpinisti di oggi, abituati a valutare le ascensioni in base a cocktail di cifre e lettere e non più coi semplici numeri che una volta marchiavano senza possibilità d’errore le difficoltà di roccia.
La Quarta Alta emerge come un enorme dente storto dalla selva delle torri d'Averau ed era già stata salita su tutti i fianchi: la via normale da O è una scalata le cui caratteristiche fanno sicuramente sorridere gli alpinisti di oggi, abituati a valutare le ascensioni in base a cocktail di cifre e lettere e non più coi semplici numeri che una volta marchiavano senza possibilità d’errore le difficoltà di roccia.
Un centinaio di metri di 3° grado e poco più, su roccia verticale, solida e sicura quanto basta, in un ambiente quasi più di palestra che montano: una via che per me ha una certa importanza, per due motivi.
Il primo perché il 7 ottobre 1979 (non avevo ancora ventun anni!), per sfidare arcani timori che da qualche tempo mi accompagnavano, la salii tenendo sempre la corda nello zaino.
Il secondo, perché la normale da O della penultima delle Cinque Torri è opera nientepopodimeno che del grande Angelo Dibona Pilato, che la salì con l'albergatore Amadio Girardi de Amadìo, un giorno imprecisato di settembre del 1911.
Nel 1979 l’avevo già percorsa, e qualche altra volta lo feci anche dopo. Certo è che in quella grigia domenica d’autunno riuscii a calcare senza nessuno davanti né dietro la piatta cima, dove ricordo un malandato libro di vetta, costellato anche da qualche firma illustre. Quando mi sentii soddisfatto, venne fame: tre rapide calate a corda doppia ed eccomi sotto l’ampio tetto giallo al piede O della Torre, dove le ragazze stavano friggendo salsicce per ristorare la compagnia.
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