Propongo il mio modesto parere in merito alla polemica su croci e simboli vari che deturperebbero le cime, alla quale il quotidiano "Corriere delle Alpi" di oggi riserva due pagine.
Mi auguro che gli attivisti di MW e tutti coloro che si schierano contro le croci (che sembrano l'"autentico" problema della montagna) abbiano campionato le croci e i simboli che svettano su numerose cime: magari hanno anche preso atto che di quelli esagerati e orripilanti (ma qual è il criterio per definirli tali? La misura? Il materiale? Il disegno?) non se ne trovano molti, ed essi sono spesso iniziative private di varie associazioni, anche non montane, con motivi non sempre sacri.
Mi auguro che gli attivisti di MW e tutti coloro che si schierano contro le croci (che sembrano l'"autentico" problema della montagna) abbiano campionato le croci e i simboli che svettano su numerose cime: magari hanno anche preso atto che di quelli esagerati e orripilanti (ma qual è il criterio per definirli tali? La misura? Il materiale? Il disegno?) non se ne trovano molti, ed essi sono spesso iniziative private di varie associazioni, anche non montane, con motivi non sempre sacri.
Croce, panchina, libro di vetta (Lutterkopf, Val Casies, luglio 2010) |
Praticamente ogni cima, grande e piccola, del Sudtirolo e dell'Austria ha la sua bella croce, cui spesso si affiancano panchine e tavoli; ne ho salite molte, e non ho mai avuto notizia di crociate moralizzatrici a riguardo. Così butto là due pensieri, che non hanno pretese sociologiche.
Riterrei importante che chi decide di alzare una croce o altri simboli su una montagna, consultasse, almeno per rispetto, i proprietari del terreno, Demanio o Comuni o privati; non credo che questo venga sempre fatto.
Per parte mia, mi trovano
abbastanza consenziente le iniziative, purché siano pacate, per limitare il proliferare sulle vette di croci e simboli vari, specie se ingombranti, futuribili o fuori luogo: ma anche qui "est modus in rebus"!
Grande croce su una piccola cima (Golzentipp, Tirolo, luglio 2012) |
abbastanza consenziente le iniziative, purché siano pacate, per limitare il proliferare sulle vette di croci e simboli vari, specie se ingombranti, futuribili o fuori luogo: ma anche qui "est modus in rebus"!
Piccola croce su una grande cima (Taé, Cortina, agosto 2004) |
Più che di croci (tenendo conto che alcune, come quelle sul Cervino, sul Grossglockner o in Dolomiti sulla Cima Grande di Lavaredo, sulla Croda del Beco, sul Picco di Vallandro, appartengono ormai alla storia!), potrebbe essere interessante che il Cai o chi per lui, come fa l'AVS in Sudtirolo, gestisse la posa e la conservazione dei "libri di vetta".
Se sono riempiti di cose serie e utili, con essi si può ripercorrere la storia delle nostre montagne, e possono servire anche ai soccorritori in caso di bisogno.
Se sono riempiti di cose serie e utili, con essi si può ripercorrere la storia delle nostre montagne, e possono servire anche ai soccorritori in caso di bisogno.
Fino a qualche secolo fa, nell'immaginario collettivo, i monti erano popolati da demoni e spiriti malvagi. Mi piace immaginare che le prime croci siano state innalzate per esorcizzare tali presenze negative. Oppure, visto che a volte le croci non sorgono proprio sulla vetta, ma in un punto vicino ad essa ben visibile dal fondovalle, potevano costituire quasi dei simboli di protezione per i villaggi sottostanti, simboli verso i quali i montanari volgevano lo sguardo con fiducia e speranza. Alcune croci hanno anche pregi artistici (Rasciesa o Piz Miara), altre sono ammirevoli nella loro semplicità (il Taè, appunto). Molte cime, anche assai frequentate sia d'estate che d'inverno, non ne hanno affatto, come il Pic in Val Gardena (solo una panca per ammirare comodamente lo splendido panorama e ci si deve arrivare a piedi affrontando un discreto dislivello). E mi ricordo che un contadino cuneese di recente mi ha confidato che anche la croce del M.Mindino (Alpi Liguri, decisamente invadente con i suoi 30 m. di altezza e l'illuminazione notturna) gli faceva compagnia quando tornava a casa nelle serate d'inverno.
RispondiEliminaNon ne metterei di nuove, ma quelle che ci sono già non mi danno affatto fastidio. Sempre meglio che il ripetitore in cima al Boè (che sia per questo motivo che il gruppo del Sella non è stato incluso dall'Unesco nelle "Dolomiti, patrimonio dell'umanità"?)
I "libri di vetta" sono invece dei documenti preziosi e interessanti, soprattutto sulle cime meno di moda. Ne ricordo con affetto soprattutto due, in cui ho apposto la mia firma quasi con imbarazzo, tanto pochi erano i nomi "foresti" che vi comparivano: la Rocchetta di Campolongo (non mi ricordo se c'è la croce in cima) e il M. Dessera che domina Selva di Val Gardena eppure del tutto disertato dai non locali (nessuna croce, solo una piccola, discreta statua del Cristo che guarda verso valle).
Saverio
Se passi per Cortina fammi un fischio, avrei piacere di scambiare qualche "commento" a voce.
RispondiEliminaTi manderò per mail il mio cell.
Per la Rocchwtta di Campolongo, che ho salito 6 volte, hai proprio ragione. E' un libro di vetta, cambiato 3 volte, che ritengo molto importante per le nostre montagne. Hai mai firmato quelli sulla Cima NE di Marcoira, Pala Perosego, Costa del Bartoldo, collocati da me, e quelli del Taè e Punta Nera, collocati da un amico su mio suggerimento?
Ernesto