Ai piedi del circo nevoso in cui sgorgano le acque che alimentano il ceruleo lago del Sorapis, incavato nella
roccia e privo di emissari superficiali, e s'infilano poi sotto il ciglione del ripiano glaciale uscendo per la cascata (pisc) che dà il nome al gruppo montuoso incombente, "sora (el) pisc" (Sorapìsc, dunque, non Soràpis!), l'8 agosto 1891 aprì la Pfalzgauhütte.
Terzo dei ricoveri alpini costruiti in Ampezzo, a quota 1928 m poco distante dal confine del Tirolo e sotto l'appuntita cima del Dito di Dio, che si specchia nel lago, il rifugio fu voluto dalla Sezione del Club Alpino Tedesco-Austriaco di Pfalzgau,
città del medio Reno.
Le vie principali per accedervi erano tre: da
Federa Vecchia, sulla strada tra Auronzo e Misurina, per il sentiero che sale a fianco del salto del Pisc; dal valico di Tre Croci (un tempo detto In Zuogo), per il tracciato oggi più frequentato, attrezzato in alcuni punti, che taglia lo zoccolo delle Cime di Marcoira; o ancora, dal 1903, dalle Crepedèles (gli odierni Tondi di Faloria) per il sentiero del Ciadin del Lòudo, aperto dalla Sezione Ampezzo del Club Alpino, anch'esso attrezzato in un punto, e oggi abbreviato dalla Funivia Faloria che porta già in quota.
La prima capanna presso il lago ebbe una vita assai breve. Sorgendo in una vallecola ombrosa e soggetta a notevoli accumuli
nevosi, già nella primavera 1895, infatti,
venne distrutta da una valanga, e prontamente ricostruita in posizione riparata un centinaio di metri più a nord.
La capanna Pfalzgau, con la Zesta sullo sfondo (anno 1908, raccolta E.M.) |
Nuovamente disastrata nel 1913, dopo il primo conflitto mondiale spettò come "bottino di guerra" alla Sezione del Cai di Venezia, che la rimise in piedi grazie a una donazione del socio Cesare
Luigi Luzzatti, e la riaprì al nome del donatore il 22 giugno 1924.
Cinque anni dopo, il 26-27 agosto 1929, sulla parete
della Sorella di Mezzo alle spalle del rifugio, i giovani triestini
Emilio Comici e Giordano Bruno Fabjan aprirono la prima via italiana di sesto grado nelle Dolomiti.
Denominato nel 1939 Rifugio Sorapis in ossequio alle leggi razziali, poiché Luzzatti era ebreo, il ricovero non ebbe danni dal secondo conflitto e poté riprendere a funzionare nel 1947, ma una dozzina di anni dopo fu sfortunatamente devastato da un incendio.
Ricostruito più grande e confortevole, fu inaugurato il 18 settembre 1966 insieme con tre percorsi attrezzati (Berti, Vandelli e Minazio), che consentono di compiere il periplo del gruppo del Sorapis, e intitolato ad Alfonso Vandelli di Venezia.
Storica base, tra l'altro, per
le ormai obsolete salite sul Sorapis da nord, lungo la via originaria di Grohmann e la più difficile Müller del 1892, affidato per anni a gestori di Cortina (tra i quali si ricordano Teresa Padovan Mòuta, Tullio Alverà Poulùco e, a metà del '900, l'olimpionico di sci nordico "Fredi" Dibona Pilàto), da decenni il rifugio è gestito da famiglie auronzane e oggi si conferma come forse il più frequentato tra Cortina, Auronzo e Misurina.
Ciao Ernesto, a me piace passare dai rifugi nei momenti di scarso affollamento e intrattenermi a fare due chiacchiere con i gestori per sentire di storie, aneddoti, informazioni sulla zona. Purtroppo il Vandelli e uno di quei rifugi che ho frequentato molto da piccolo, quindi ho snobbato negli anni dell'università (in cui avevo tempo di intrattenermi a Cortina fuori stagione, quando appunto i rifugi erano poco affollati) e ho ricominciato a frequentare recentemente, quando però il lavoro mi lascia ferie solo nei periodi di massimo affollamento. Per questo non ho ancora mai avuto occasione di fare due chiacchiere con i gestori del Vandelli. L'anno scorso, dopo un fallito tentativo di fare la Cengia delle Tre Sorelle partendo da Forcella Piccola, con l'amico Francesco abbiamo ripiegato su un più normale rientro per la cengia del Banco. Ciò ha fatto si che arrivassimo al Vandelli alle 20.00, ora di scarso affollamento; ma la necessità di rientrare a Cortina per sera ha fatto si che non ci fermassimo...
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