23 ott 2020

Ricordando Silvana Rovis

Da quindici giorni Silvana Rovis non è più tra noi. 
Silvana era tante cose: alpinista e sci alpinista orgogliosa delle proprie radici istriane; socia delle Sezioni del Cai di Venezia e di Fiume; socia accademica del Gism; confidente e amica di scalatrici e scalatori, artisti e scrittori di montagna, anche a Cortina, Ma anzitutto è stata per anni l’infaticabile Segretaria redazionale e memoria storica di “Le Alpi Venete”, il semestrale triveneto del Cai fondato nel 1947 da Camillo Berti, per il quale ha intervistato tanti rappresentanti di punta del mondo alpinistico, dando loro visibilità con uno stile fondato su competenza, discrezione ed equilibrio. 
Silvana Rovis a La Tor - Forni di Sopra,
7.10.2017 (foto I.D.F.)
Col marito Paolo Rematelli, istruttore di alpinismo e socio attivo di “Giovane Montagna”, Silvana era sempre presente agli incontri del Gism, al Film Festival di Trento, dovunque si potesse portare la voce, le idee e le esperienze delle donne riguardo alla Montagna. Fino al 1° incontro d'arte, poesia, letteratura e cultura “Le Dolomiti al femminile”, promosso da Bepi Pellegrinon sotto l’egida del Gism il 29 agosto a Cencenighe, in cui ricordò con accenti commossi la sua amica alpinista Bianca di Beaco, di Trieste. 
Ora nella casa di Paolo e Silvana a Mestre, tra tanti libri, riviste, fotografie, appunti e ricordi di vette e persone, mancherà la sua figura, la sua cultura della Montagna, la sua presenza gentile nei momenti ufficiali, importanti o lieti che radunano gli amanti delle crode. 
La Montagna, non solo triveneta, ha perso un'interprete entusiasta e combattiva, esploratrice delle cime del mondo ed autrice di interessanti pubblicazioni: in sintesi, una cara amica.

4 commenti:

  1. Caro Ernesto,
    noto che da un po' di tempo nessuno commenta i tuoi post. Per questo ho deciso di rifarmi vivo.
    L'emergenza in cui ci troviamo ormai da troppi mesi probabilmente ci distoglie da pensieri più alti e più piacevoli e ne ho risentito pesantemente (anche se solo dal punto di vista psicologico) anch'io.
    Ma ancora una volta la montagna e le lunghe escursioni lontano dalla folla hanno avuto un effetto benefico.
    Tornando al tuo post è un nome (di donna, ovviamente) quello che mi ha spinto a "riemergere": da molti anni sono abbonato a Le Alpi Venete e ogni volta che quei libriccini compaiono nella mia cassetta delle lettere, so che mi attende una mezza giornata di evasione da ogni preoccupazione. Ma non è il nome di Silvana che mi ha mosso, ma quello di Bianca di Beaco.
    Un giornalaio (benemerito) di Selva di Val Gardena si ostina a riempire alcuni scaffali con quegli oggetti ormai desueti che si chiamano libri (cartacei), ben sapendo che (quasi) l'unico visitatore di quella sezione sono io.
    Ed è lì che l'anno scorso ho trovato quel piccolo capovaloro che è "Non sono un'alpinista". Non avevo mai sentito nominare Bianca di Beaco, ma sono bastate poche pagine per rimanrne completamente affascinato.
    Mi è sembrato di scorgere l'immagine del vero alpinismo, con pochi mezzi, nessun clamore, ma un immenso amore, non solo per le rocce, ma soprattutto per la gente che tra quei monti si incontra.
    Penso che tutti dovrebbero leggerlo.
    Ciao

    Saverio

    P.S. Lo stesso anno tra quegli scaffali ho trovato un'altra opera straordinaria, "Il giorno delle Mesules", diario di Ettore Castiglioni.

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    1. Grazie Saverio. Non ho alcunché da aggiungere, se non sposare la tua asserzione sull'effetto benefico della Montagna, per chi la frequenta con gambe, testa e cuore.
      Un saluto.
      Ernesto

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  2. Proprio con le tue parole: "Gambe, testa e cuore due volte" rispondevo quest'anno a chi, sedicente amante della montagna, mi chiedeva chi me lo facesse fare alla mia età di cimentarmi in una lunghissima (35 km e 2000 m. di dislivello positivo), solitaria (e splendida) traversata tra Val Gardena e Val Badia.
    La buona sorte e buoni geni mi hanno fornito due gambe ed un cuore (fisico) che sembrano aver dimenticato gli anni e i chilometri percorsi.
    La lunga frequentazione di testi, mappe e persone del luogo, mi ha concesso una testa ancora in grado di sognare e comandare al corpo di godere la fatica delle ascensioni.
    Ma mi muove soprattutto il cuore immateriale, nel senso di un amore devoto verso i monti, di fronte ai quali continuo a sentirmi piccola cosa a cui viene concesso molto di più di quanto meriti.
    La fatica nell'Alpe (non la lotta contro, che se c'è qualcuno contro cui lotto sono solo io stesso) mi ripaga con un regalo immenso: la gioia dell'oblio.
    Faccio mie le parole di Luca Visentini: molti mi invidiano perchè il mio andare libero per monti è paragonabile ad un meraviglioso diamante che porto sempre in tasca. La verità è che ho solo metà di questo diamante, l'altra, ancora più preziosa, l'ho perduta da tempo e per colpa mia: la fatica mi permette di dimenticarla per qualche momento.
    Ciao

    Saverio

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    1. Io, che la Montagna ormai la frequento solo più coi ricordi, con le parole e col computer, condivido tutto quanto esprimi.
      Silvana Rovis, dal cui ricordo nasce questa "chat", era così: Montagna e montagne, dal Monte Maggiore alla Cina, passando per le amate malghe Kamelisen in Villgratental, agli incontri con gli amici, ai ricordi delle persone con cui si è camminato con le gambe e con la testa, ai progetti per un futuro sempre più incerto.
      E' per questo che l'ho voluta ricordare.

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