25 mar 2013

Prima salita scialpinistica del Picco di Vallandro


Dal lato sud, quello più in vista e usualmente praticato sia con gli scarponi sia con le pelli di foca, non offre di certo motivi che ne giustifichino il pomposo nome di Picco.
E’ un vasto, lungo, un po’ noioso pendio di pascolo e ghiaie, solcato da un sentiero “à vaches”, che solo nell’ultimo tratto si fa un po’ più interessante, perché zig-zaga fra roccette, scavalca l’anticima con un passo esposto reso sicuro da una catena metallica e porta in vetta.
Il Picco di Vallandro con il sentiero d'accesso,
dal Col Rotondo dei Canopi (foto E.M., 16/10/2011)
Il Picco di Vallandro (2839 m), in tedesco Dürrenstein, è una grande montagna, rinomata fin da epoca antica per l'ampio panorama a giro d’orizzonte, che la rende una delle mete più note e frequentate di tutto il circondario pusterese.
Grazie al semplice accesso, che richiede comunque due ore e mezzo per superare 850  m di dislivello dall'altopiano di Pratopiazza, non si sa chi e quando lo salì la prima volta.
Quanto alla storia alpinistica, che conta anche nomi illustri, ho trovato la notizia della probabile prima ascensione in sci, compiuta il 29 aprile 1934 da Federico Terschak, Silvio Manassero e Giuseppe Degregorio per la via normale, che poi quest'ultimo raccontò nel volume di racconti "Cortina e le sue montagne" (1952)  ed oggi molto frequentata.
Il Picco mi ha visto in vetta solo un paio di volte, l’ultima abbastanza di recente. Della salita, compiuta a fine giugno, mi rimane il flash dell'alta cornice di neve fra l’anticima e la cima, che dissuadeva i presenti da un approccio sicuro al punto più alto.
Fin quando un agile pusterese prese l’iniziativa e la bucò con la piccozza, aprendo la traccia che consentì agli aspiranti salitori di godere la bella visuale sulla Pusteria e le Dolomiti, che si dispiega dalla croce di vetta.

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