Tone Déo (Antonio Dimai), celebre e rinomata guida d’Ampezzo, conosceva bene la dorsale del Pomagagnon, dove aprì cinque vie nuove: due nel 1899, una nel 1901 e due nel 1905.
L’ultima fu la parete S della cima più orientale della dorsale, con il collega Tino Scèco (Agostino Verzi) e un tale G. Erbing, forse tedesco, il cui nome appare come una meteora nella storia dolomitica, ma da oltre un secolo identifica la punta.
In cima con Giorgio e Giacomo, 20/8/2009 |
Nel 1903, Tone aveva lasciato la vergine parete S della prospiciente Croda Zestelis ai colleghi più anziani Zacar de Radeschi (Zaccaria Pompanin) e Pizenin Zacheo, (Angelo Zangiacomi), che salirono col cliente Robert Grauer, ma due stagioni più tardi, in un giorno imprecisato d'estate di 108 anni fa, si rifece, battezzando una punta non ancora considerata da alcuno.
Nel 1942 Luigi Menardi e Toni Zanettin aggiunsero alla via del Dèo un altro percorso più difficile, ripetuto d'inverno da quattro veneti nel 1953: da molti anni però, entrambe le ascensioni sono disertate.
La Punta si accosta abbastanza tranquillamente a piedi, sia deviando dal sentiero attrezzato della III Cengia del Pomagagnon, sia seguendo a ritroso l’itinerario di rientro da quella, che fa capo a Forcella Zumeles, è segnalato, poco difficile ed ha un certo, buon sapore d’antico.
Sono salito diverse volte sulla Erbing, in compagnia e da solo; mi ha sempre dato soddisfazione inerpicarmi sulla rampa terrosa che frana ogni anno di più, superare le successive roccette, seguire l’esposta cresta finale fino ai due rami incrociati che segnalano il vertice di una montagna magari di scarsa importanza, ma pregevole per il panorama e la pace che vi si godono.
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