Le
cime delle nostre montagne sono costellate di croci, grandi e
piccole, umili o monumentali. Tutte sono un segno della fede che
animava chi è venuto prima di noi e che c'è da sperare sia ancora presente in tanta gente di oggi. Del resto capita ancora che, specialmente
gli amanti della montagna, passando davanti a una cappelletta o a un crocifisso, non manchino di rivolgere un pensiero riconoscente al Creatore
di ogni cosa.
Le
prese di posizione, che ogni tanto animano un sonnacchioso tran tran stagionale, sull'opportunità di erigere croci sulle montagne, a me sembrano sempre un po' pretestuose.
Per le considerazioni svolte, io dico di sì alle croci sulle vette, purché non siano fatte di cemento, abbiano un'altezza congrua e una fattura tradizionale, come molte, anche sulle Dolomiti.
Aldilà del credo di ognuno, la croce sulla vetta è una meta sicura per gli alpinisti; concede una pausa di meditazione
e ringraziamento per la cima raggiunta; s'integra con la dolomia ed è spesso accolta nella toponomastica.
Una testimonianza significativa in questo senso è data dalla “Crósc del
Pomagagnon” sulla Costa del Bartoldo, la vetta più nota, anche se non la più alta della catena che va da Ospitale al Passo Tre Croci.
Ritorno sul tema, che ho trattato più volte, perché in questi giorni Valerio (classe 1939, uno dei "ragazzi del '50") mi ha ricordato
che la “Crósc” ha compiuto sessantacinque anni.
Era, infatti, l'Anno Santo 1950 quando, il 6 luglio, quaranta ragazzi guidati dai cappellani Don Giuseppe Richebuono e Don Alberto Palla innalzarono una croce di legno e lamiera sulla Costa, dando così alla
cima (fino ad allora nota agli scalatori per alcune vie, tra cui la "Dimai-Phillimore") un motivo in più
per la visita.
Rovinata da una bufera, nel luglio 2000 - a mezzo secolo dalla prima posa - la croce fu sostituita a cura del Cai locale e
benedetta con una cerimonia in Val Padeon, cui erano presenti molti ragazzi del 1950 e anche l'ex cappellano Giuseppe Richebuono. Nuovamente danneggiata dalle grandi nevicate del 2013-2014, è stata rimessa a posto giusto un anno fa da quattro volontari del
Cai, del Parco d'Ampezzo e del Cnsas di Cortina.
La “Crósc del Pomagagnon” “è” la Costa del Bartoldo; obiettivo ambito di una escursione non banale, che la luce favorevole consente di scorgere fin da Cortina. Parecchi dei ragazzi di 65 anni fa sono "andati avanti", ma in quelli rimasti, non è svanita la memoria degli entusiasmi, delle fatiche, delle paure, delle gioie provate nell'alzare
lassù un simbolo della propria fede.
Dal libretto di vetta (collocato da chi scrive nel 1996 e rinnovato nel 2014), pare che le
visite alla croce siano costanti, quasi tutte di escursionisti che salgono da N, seguendo l'itinerario disceso per la prima volta da Von Glanvell e compagni nel luglio 1900, ma forse già praticato da cacciatori.
La frequentazione e la storia riducono comunque ogni polemica sul senso e l'opportunità di una croce discreta, vissuta e amata da tante persone, non solo in Ampezzo.
La frequentazione e la storia riducono comunque ogni polemica sul senso e l'opportunità di una croce discreta, vissuta e amata da tante persone, non solo in Ampezzo.
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