Francesco Lacedelli detto "Chéco", unica guida alpina d'Ampezzo (e delle Dolomiti?) nata nel 18° secolo. vide la luce in una casa di contadini del villaggio di Melères 220 anni fa, il 29 gennaio 1796. Appena tredicenne, si schierò contro i soldati francesi durante il periodo della Quinta coalizione delle guerre napoleoniche, e ripeté l'impresa nel 1814, nel periodo della Sesta coalizione. Abilissimo cacciatore di camosci, nel 1848 entrò negli Standschűtzen, la milizia territoriale ampezzana, da cui si congedò, lasciando gli obblighi militari, nel 1859.
Dopo di allora si dedicò al mestiere di orologiaio, come lo zio Marco e il nipote Alessandro, onorando una famiglia che "… per quella incombenza, operava in Ampezzo incontrastata. I loro orologi da torre e da muro venivano esportati in tutta la Pusteria fino a Brunico e oltre; nonché all'estero, cioè nei paesi del Cadore, dove qualche orologio da parete risulta essere ancora in funzione. ..."
Della sua vita, in verità, si sa poco; l'attività alpinistica ne occupò solo un biennio, tutto legato a Paul Grohmann. Tra il 29 agosto 1863 e il 16 settembre 1864 infatti, Lacedelli guidò per primo il cliente austriaco su
tre grandi cime: la Tofana di Mezzo, quella di
Rozes e il Sorapis. Si aggiudicò inoltre la seconda salita del Pelmo e
dell'Antelao e il 2 settembre 1864, durante una ricognizione solitaria verso il Sorapis, giunse per primo sulla poco più bassa Croda
Marcòra.
La Tofana di Mezzo segnò l'inizio dell'alpinismo ufficiale a Cortina. Pianificando l'esplorazione sistematica delle Dolomiti, Grohmann volle iniziare con la vetta più alta tra quelle che circondano Cortina. Preparazione, testardaggine e disponibilità di tempo e denaro, fin dalla prima campagna alpinistica furono gli elementi fondamentali delle sue conquiste. Lo dimostra questo episodio: salendo verso la Tofana di Mezzo, giunti in alto nel Valón
de Tofana, “Chéco” chiese al cliente quale cima voleva
salire, delle due che li sovrastavano e parevano quasi allo stesso
livello. Senza esitare, il viennese rispose: “Non
importa quale, purché sia la più alta!”;
c’è tutto l’alpinismo dell’800 in questa richiesta!
L’esperienza e il fiuto del cacciatore furono decisivi e
la prima ascensione di una cima d'Ampezzo riuscì con successo.
Facciamo un passo indietro. "Chéco", ormai ultrasessantenne, era stato contattato nel 1862 da Grohmann, Segretario generale del neocostituito Club Alpino Austriaco, che aveva già salito la Marmolada di Rocca tentando di traversare per la cresta
alla Marmolada di Penia, ancora inviolata.
Tra i cacciatori ampezzani ("... gente onesta,
guide fidate e generalmente ottimi arrampicatori ...) l’austriaco
cercava qualcuno per esplorare i monti della conca, rivelata da poco al nascente turismo. Come prima guida, volle proprio il vecchio Lacedelli, e non ebbe mai da pentirsene (… la mia prima guida … la
migliore che potessi trovare … e che si distingueva per forza,
resistenza, moderazione ed orgoglio e per un coraggio che non lo
faceva indietreggiare davanti a nessun ostacolo e gli consentiva di
risolvere qualsiasi problema.”).
Come detto, l’attività di “Chéco” terminò il 16 settembre
1864. Quel giorno, con Grohmann e Angelo Dimai Déo, guardaboschi
poi promosso guida, traversò in 22 ore di marcia il Sorapis, e ne toccò la vetta al secondo tentativo. Spinti dalla stanchezza, dal tempo cattivo e dal buio
imminente, i tre decisero di non scendere per la via di salita, ma per il versante opposto, verso il Cadore, che ritenevano più diretto. Mentre però “Chéco” scese rapidamente, Grohmann e
Dimai - attardatisi sul vasto ghiaione mediano - si trovarono davanti ad un salto roccioso che lo scaltro Lacedelli aveva evitato.
Annodata
la fune ad uno spuntone, si calarono per essa: fu la
prima corda doppia delle Dolomiti Orientali. In
cima al Sorapis, forse presagendo che sarebbe stata l’ultima salita del vecchio Lacedelli, Grohmann gli avrebbe consegnato il libretto numero 1 di guida alpina ampezzana, sulla cui esistenza però non vi sono certezze.
La guida, che fra l’altro collaborò nel 1856 a costruire l'orologio, oggi ancora in funzione, del campanile
di Cortina, se ne andò a novant'anni, il 30 agosto 1886. Di quel
giorno, Terschak scrisse: "... È giorno di lutto per
le guide ampezzane… La sua vita era stata in gran parte spesa
nell'esplorazione dei monti d'Ampezzo; fu il capostipite delle guide
ampezzane, uomo i cui meriti per la sua valle erano stati, come al
solito, riconosciuti molto di più dai suoi alpinisti, - primo tra
essi il Grohmann, - che non dai propri compaesani..."
Mentre infatti Grohmann aveva ricevuto già nel 1873 una prova
tangibile della gratitudine della comunità, con la concessione della cittadinanza onoraria d'Ampezzo, il valente e umile “Chéco”, che per primo - pur inconsciamente - spinse la sua gente sulla via della Montagna, fino ad oggi non ha strade né
piazze né cime che lo ricordino ai posteri.
Solo una curiosità (a parte la foto del Checo, che mi ha da sempre impressionato per l'espressione non proprio amichevole e per lo splendido rampone che tiene in mano). Nella mail mi è arrivato anche "La tragica fine di Bruno Verzi Scèco" che 1) ho trovato molto interessante, 2) non mi ricordavo di averla mai letta, 3) non compare sul tuo Blog. E` la mia memoria che fa cilecca?
RispondiEliminaRitornato al Checo, bisognerebbe proprio rimediare alla dimenticanza e dedicargli qualcosa.
Ciao
Saverio
Ho tolto il post del Verzi, lo avevo già pubblicato su una rivista e non volevo essere ripetitivo. Ma, se piace, lo rimetterò, magari ampliandolo.
EliminaE poi, con tutto rispetto, 220 anni dopo Checo meritava, seppure anche solo il post di un blog.
Quanto alle foto, quella pubblicata è una delle due o tre in circolazione; nell'altra è ormai vecchissimo,seduto, con le figlie.
Ciao.
Ernesto