Della vigilia di Ferragosto del 1977 conservo un ricordo particolare, ovviamente legato ai monti. Quel giorno, infatti, sull'onda di un suggerimento
di Severino Casara, il cantore delle Dolomiti che avevamo conosciuto
giusto un anno prima al Rifugio Lavaredo, Enrico e io pensammo di fargli un regalo.
Andammo così a salire il camino superato dal giovane vicentino con Meneghello, Baldi e Rosenberg il 5 agosto 1923 sulla Torre
Toblin. La torre si eleva nei pressi del Rifugio
Locatelli-Innerkofler e in guerra fu uno strategico osservatorio, saldamente tenuto dagli
austriaci; oggi è una nota meta escursionistica, che offre un grande panorama sulle Tre Cime e tante altre vette.
All'epoca avevamo solo trentasei anni in due e stavamo iniziando il nostro alpinismo. Per la fine del mese, la guida Giorgio Peretti aveva promesso di condurci sulla famosa via Myriam della Torre Grande d’Averau (che effettivamente salimmo il 26 agosto, e per entrambi fu il battesimo del fuoco), e la
Torre Toblin ci sembrava un bell'"aperitivo".
Mi sono peraltro chiesto spesso, perché avevamo scelto quel camino (Dohlenkloake, cloaca di cornacchie, lo definì con feroce ironia Richard Goedeke nella guida "Sextener Dolomiten", 1983). Ricordo, ormai a tratti, un cunicolo alto, oscuro e di roccia perlopiù friabile, dove lo zaino passava a stento e ad un certo punto il gusto di arrampicare fu quasi sopraffatto dal desiderio di uscire in fretta e senza danni.
Suppongo
che le cordate che l'avevano scalato oltre mezzo secolo prima,
avessero ritenuto quel "verticale
e nero camino"
di un certo valore; forse perché si trattava di una delle prime vie nuove post-belliche in Dolomiti, o perché giungeva su una cima resa eroica dalle azioni belliche e da
poco annessa ai confini del Regno.
A
noi la Toblin diede sensazioni piuttosto modeste: fu divertente l’aerea discesa a corda doppia sui fittoni residuati dal conflitto, spariti due anni dopo tra le funi e le
scale della ferrata che – valendosi delle memorie dei
combattimenti - ha attualizzato la Torre per gli escursionisti.
Ho perso alcune fotografie che scattammo e spedimmo a
Vicenza all'anziano Casara, commosso del fatto che giovani amici avessero
ripercorso le sue orme. In esse rivedo due ragazzi - maglioni rossi, pantaloni alla zuava, casco e cordame - su una
cima certamente più significativa in tempo di guerra che per la storia dolomitica, e atteggiati a "reduci" da chissà
quale impresa.
Enrico in vette alla Torre Toblin 14/8/1977 (foto E.M.) |
Tanti anni dopo,
in un'epoca in cui quelle avventure sono praticamente improponibili, penso che sarebbe dura invitare qualcuno a ripetere il Camino Casara, il quale peraltro vantava anche visite illustri, come Dino Buzzati con la guida Giuseppe
Quinz, probabili secondi a salirlo, il 25 giugno 1930. La via ferrata che giunge in cima alla Torre dal versante opposto, detta "Sentiero delle
Scalette", anche se in alta stagione, data la vicinanza del rifugio Locatelli, non rappresenta un paradiso di solitudine e silenzio, è certamente più divertente e sicura.
Se però qualche alpinista vecchia maniera decidesse di rifare il camino, mi piacerebbe che verificasse se è ancora al suo posto il primo dei due chiodi da
roccia che piantai in vita mia, per evitare di mettere a rischio i nostri vent'anni in un cunicolo buio, ghiaioso, umido e inadatto ai claustrofobici.
Per me il camino della Torre Toblin e quello della vicina Torre Comici (che
salii nel settembre 1982), restano comunque due cari ricordi di Severino Casara, poeta della Montagna.
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