Alla
fine di luglio del 1942 giunsero al Rifugio Cinque Torri, con
l’intenzione di passarvi un fine settimana rivelatosi poi molto produttivo, due “Ragni” di Pieve di Cadore:
il ventiduenne Roger Petrucci Smith e l'amico Italo Da Col.
Il 31
luglio i giovani scoprirono una nuova linea di salita
sulla inaccessa parete ONO della Cima Ovest della Torre
Grande d'Averau, superandola nel settore che si eleva a sinistra del diedro della via “Olga”, già salito nel 1929 e divenuto un percorso classico.
Il
nuovo tracciato fu dedicato alla giovane Armida (Ermida all’anagrafe, classe 1914 e ancora vivente), figlia di Annamaria Apollonio in Zardini,
che a quel tempo gestiva con energia sia il sottostante rifugio che la Capanna Gino Ravà lungo la strada del Passo Giau, oggi non più esistente.
La via dei
"Ragni" si sviluppa per oltre cento metri, dei quali una settantina più impegnativi, in parte su
roccia insicura e con difficoltà che toccano il VI-. Venticinque anni più tardi (agosto 1967), fu rettificata nel tratto finale dai due "Scoiattoli"
Franz Dallago Naza e Raffaele Zardini Laresc, nipote di Armida, con
una breve variante su roccia più solida, che è quella
seguita comunemente ancora oggi.
photo: F. Burattini, courtesy digilander.libero.it |
Chi scrive ricorda di avere salito almeno tre
volte la via “Armida”, che gli riuscì sempre più dura di quanto pareva osservandola dalla base, e ne ebbe una certa soddisfazione.
Forse quel percorso sulle amate Cinque Torri, surclassato da altri
itinerari più divertenti e soddisfacenti, non entrerà mai fra le vie classiche dolomitiche; ma il liscio ed esposto passaggio d'uscita della
variante, che allora si dribblava attaccandoci una staffa ma ci pareva ugualmente piuttosto difficile, era una "chicca"
che valeva l’intera arrampicata.