28 feb 2018

Torre Wundt, via Mazzorana: 80 candeline!

La ricorrenza avrà rilievo solo per i fans di storia dell'alpinismo, ma il ricordo delle avventure vissute su quella torre è vivo, e va sfogato. Da poco ho acquisito una foto di Piero Mazzorana che risale agli ultimi anni '60, quando la guida gestiva magistralmente il rifugio Auronzo alle Tre Cime. Per l'occasione, mi è venuto in mente che in settembre saranno ottant'anni dalla salita di una delle vie Mazzorana più note: quella sulla fessura sud-est della Torre Wundt, torrione dei Cadini in vista già da Misurina, che la guida percorse col cliente-amico Sandro Del Torso il 7 settembre 1938.
Mazzorana, il "Re" dei Cadini di Misurina
("Le Tre Cime di Lavaredo 1869-1969" di A. Sanmarchi)
Piero, venuto da ragazzo da Longarone ad Auronzo con i familiari, aveva ventotto anni ed era guida dal 1936: la fessura sulla Torre Wundt fu una delle sue 54 vie nuove (secondo Casara; qualcuna in più, tenuto conto delle varianti), scoperte in vent'anni dai Brentoni ai Cadini, dal Cristallo alla Croda dei Toni, dal Sella alle Tre Cime. Passato nel dopoguerra al rifugio Bruno Caldart a Forcella Longères (denominato Auronzo nel 1957, dopo la ricostruzione), lo gestì fino alla pensione. Ritiratosi a Merano, vi morì nell'aprile 1980.
Mi sono preso la briga di raccogliere i principali dati storici della via Mazzorana (200 m, AD+), in un elenco che propongo di seguito. 7.9.38: prima salita; 14.8.42, seconda con variante: Mario Pavesi - Cesare Carreri, Mantova; 25.7.54, altra variante: Bruno Crepaz - Piero Zaccaria, Trieste; 13.3.56, prima invernale: Bruno Baldi - Fabio Pacherini, Trieste; 10.8.72, terza variante: Diego Zandanel - guida, Cortina e Giuseppe Buleghin; 12.8.81, prima delle salite di chi scrive, con Mario Sanvito, Bologna; luglio '86, chiodatura di alcune soste e della via di discesa: Florian Pörnbacher, figlio del gestore del rifugio Fonda Savio e oggi suo successore.
Sulla fessura, che inizia a dieci minuti dal rifugio stesso, ogni estate si accalcano molte cordate, spinte da vari pregi: la brevità e comodità della via, la roccia solida, le difficoltà classiche, lo scenario che schiude la cima, l'accoglienza del Fonda Savio. A tutte le cordate rivolgo un pensiero, e l'auspicio che la Wundt, in tempi di sfide e "primati" sempre più estremizzati, dia ancora la soddisfazione semplice e pura che ha dato a me in 19 salite. Non dimenticando che - nel varcare la soglia del rifugio per il dovuto ristoro - Hans e famiglia mi accoglievano, con la loro cadenza pusterese, così: “Sei venuto su per la tua Torre?

20 feb 2018

Una cima dimenticata "alla fine del mondo", ma splendida!

Tita Valiér sull'Antelao con clienti, 
anni '30 (raccolta E.M.) 

Un giorno giunsi con un amico su una cima che giudicammo “alla fine del mondo”: Cima Scotèr (2800 m), nella porzione sanvitese del gruppo delle Marmarole, visibile già dalla piazza centrale del paese cadorino ma inspiegabilmente dimenticata. 
La notavo da decenni e mai avrei pensato di salirla, fin quando ne ebbi lo spunto dal libro “Antelao Sorapiss Marmarole”, in cui Luca Visentini così la descriveva: “È cima tra le più belle di questa regione. Irragionevolmente dimenticata e trascurata. Notata, indicata sulle carte, ma sprofondata nel segreto di quei pochi - 10 salite dal 1940 al 1985! - che hanno potuto ammirare, calcando la sua vetta, l’immagine più diretta ed ideale dell’Antelao.” 
Arrivammo lassù a metà agosto: sfogliando lo sgualcito  libro di vetta notammo che in quella stagione eravamo solo i secondi. Ignoro quanti ne siano seguiti negli anni a venire, ma credo non siano moltissimi a visitare una cima tanto arcana quanto stuzzicante, distanziata dal rovinoso Passo del Camoscio da meno di un'ora di cenge e paretine mai troppo difficili, ma friabili e esposte. 
Secondo le cronache, i primi a salire la Scotèr furono tre tedeschi, i coniugi Otto ed Ernestine Lecher con C. Reissig e quattro guide di Cortina, Giovanni Barbaria Zuchìn, Arcangelo Dibona Bonèl, Pietro Dimai Deo e Arcangelo Siorpaes de Valbòna: data della salita, 25 agosto 1900. 
Una curiosità: mentre raccoglievo notizie e immagini per il volume in onore del 150° della conquista del Pelmo, grazie alla cortesia del figlio Giovanni mi fu possibile consultare due libretti di una brava guida alpina sanvitese, Battista Del Favero "Tita Valiér" (1878-1952, attivo dal 1910 al 1937).
In essi erano attestate quattro ascensioni sulla vicina, più alta e più nota Cima Bel Pra; stranamente invece, in un trentennio di carriera il “Valiér” non salì mai con clienti la Scotèr, che domina anch'essa il suo paese con una sagoma massiccia e tutto sommato invitante. 
Nell'agosto 1997 partii con tre amici per salirla di nuovo. Sotto il Passo del Camoscio, l'incontro ravvicinato dell'unica ragazza del gruppo con alcuni sassi smossi da incauti turisti che ci precedevano, annullò purtroppo la gita. Ancora adesso, osservando la cima al tramonto o dopo un temporale o nelle migliori giornate d'inverno, mi dico: sarà pure dimenticata "alla fine del mondo", ma la Cima Scotèr è proprio una bella montagna!

16 feb 2018

"Zu Gast in Schluderbach", nuovo libro di montagna dello storico pusterese Wolfgang Strobl

Wolfgang Strobl, insegnante di Dobbiaco e autore di studi sulla letteratura latina del Rinascimento, sul fascismo in Italia e sugli albori del turismo tirolese, ha recentemente pubblicato a Innsbruck “Zu Gast in Schluderbach. Georg Ploner, die Fremdenstation und die Anfänge des Tiroler Alpintourismus” (pp. 423), un saggio frutto di minuziose ricerche in archivi e istituzioni italiane e straniere, sulla storia di Schluderbach - Carbonin, del genius loci Georg Ploner e dell'inizio a metà '800 della valorizzazione turistica della Val di Landro, percorsa dalla Strada d'Alemagna che collega la Pusteria e Cortina.
La fase storica esaminata incarna al meglio la scoperta e la conquista delle Dolomiti. L'imprenditore che intuì le potenzialità dei luoghi e le seppe sfruttare fu Georg Ploner, figlio di un contadino del maso Schluderbach presso Dobbiaco. Sul bivio fra la Val di Landro e la Val Popena Bassa - nel luogo detto Am Leger, dove nel 1835 circa suo padre aveva installato una tenda per ristorare chi percorreva, per lavoro o diletto, la Strada d'Alemagna – fondò un albergo, divenuto in breve un importante centro turistico e alpinistico, apportatore di fama e benefici sia alla Val Pusteria che a quella d'Ampezzo.
L'Hotel, condotto dalla famiglia Ploner fino agli anni Settanta del '900 e poi trasformato in un Residence, non serviva solo ai turisti - che fin dal 1871 raggiungevano Dobbiaco in trento da tutta Europa - ma anche agli alpinisti, che a Schluderbach trovavano guide valenti come gli Innerkofler, e con essi affrontavano le Tre Cime, i Cadini, il Cristallo e il Popena, e a infine a chi voleva riposare tra boschi e monti, accolto da una struttura moderna e dotata di tutti i comfort.
Nel periodo di maggior fulgore del turismo tirolese artisti, musicisti, nobili, regnanti, scienziati e scrittori sostarono a Schluderbach, confermando il proprio passaggio con articoli, diari, lettere e libri. Servendosi di quelle preziose testimonianze, Wolfgang Strobl ha ricostruito con meticolosità le secolari vicende della piccola stazione di villeggiatura ai confini dell'Impero, i personaggi che l'animarono, l'ascesa e il consolidamento della vocazione turistica di un luogo divenuto celebre e influente per la storia economica e sociale della regione.
L'ampio corredo iconografico del saggio onora le peculiarità di Schluderbach, del suo circondario e dei suoi frequentatori; 1300 note e una vasta bibliografia fanno di quest'opera una fonte informativa difficilmente eguagliabile su una struttura nata su un bivio stradale, oggi un po' decaduta ma ancora permeata dall'ineffabile fascino delle Dolomiti.

13 feb 2018

Sesto grado sulla Pala Perosego

Il 26 gennaio, dopo lunga malattia, è mancato Mario Dimai Casciàn, falegname di Cortina nato nel 1947. Lo conoscevo solo di vista ma – poiché da anni mi dedico a scoprire e divulgare fatti, personaggi e storie dell'alpinismo, soprattutto ampezzano - penso sia bello ricordarlo, facendo sapere che il suo nome è legato a una delle cime più piccole e meno note d'Ampezzo.
Pala Perosego da Coiana, con lo spigolo in evidenza
(foto I.D.F., 3.2.2018)
L'11 maggio 1968, in cordata col suo coetaneo Diego Valleferro - Scoiattolo e futura guida - Dimai salì lo spigolo sud della Pala Perosego, piccolo rilievo orientale del Pomagagnon che emerge dalla cresta di Zumèles a pochi passi dalla Forcella omonima, e mostra verso Cortina una parete e uno spigolo di un centinaio di metri. Per inciso, sulla Pala mi sento un po' "di casa": l'ho salita quattro volte da nord (lato Val Granda) e nel 2000 collocai lassù una custodia e un quaderno per le firme, presto distrutto dal maltempo; lo sostituii nel 2005, ma non so più se sia ancora in loco.
In un trentennio la Pala attrasse una decina di scalatori locali e non, che nel 1973, 1977 e 1995 vi aprirono altre vie di varia difficoltà. La prima in ordine di tempo, quattro tiri che risalgono fedelmente lo spigolo, fu stimata - quando si usavano ancora gli scarponi - di sesto grado: per risolverla, a Diego e Mario occorsero cinque ore e  35 chiodi, sette dei quali rimasti in parete.
Chissà se altre cordate dopo il 1968 avranno ripetuto la via Valleferro - Dimai sulla Pala: onestamente, a me la dolomia della cima non sembra particolarmente robusta e, guardandole da vicino, le pareti non così attraenti...
In ogni modo dal 26 gennaio il secco spigolo, che si nota bene già da vari punti del fondovalle e i salitori vollero dedicare ad Armando Menardi (forte alpinista, scomparso a soli ventun anni nel 1966), potrà ricordare anche Mario "Casciàn" e il suo sesto grado di mezzo secolo fa.

10 feb 2018

"Corvo Alto 1" e "Corvo Alto 2": dubbi irrisolti

Ispirato dalla salita odierna di due conoscenti, ripropongo un “rebus” toponomastico: una questioncina dolomitica di quelle che stuzzicano spesso gli studiosi e animano i dibattiti. 
Nel gruppo della Croda da Lago, sottogruppo del Cernera, fondale del Passo Giau tra San Vito e Selva di Cadore che prospetta obiettivi montuosi di buon interesse, pare, dico pare, che due cime vicine condividano lo stesso nome: Corvo Alto
Il “Corvo Alto 1” risulta denominato nelle fonti Monte Mondevàl (2455 m); si tratta di una singolare intrusione di bancate di lava e tufo nerastro in un contesto tutto dolomitico. A picco verso SO e SE, a NE scende invece con un pendio erboso poco ripido, che permette di salire sulla cima - dove qualcuno ha posto una piccola croce - a piedi, con gli sci o le ciaspe partendo dal ceruleo laghetto de la Bastes. 
Di solito, chi vi sale identifica il rilievo come “Corvo Alto” (e così fece anche il linguista Vito Pallabazzer, nel suo saggio sui toponimi del territorio di Selva di Cadore), ma non pare che il nome sia accettato in toto da selvani e sanvitesi; nella bozza dell' atlante toponomastico di San Vito (edita nel 2009), infatti, la cima in questione è detta Mandoàl (Montdevàl a Selva). 
Il “Corvo Alto 2” invece è il dirimpettaio Piz del Corvo (2383 m, Corvo Alto secondo la guida delle "Dolomiti Orientali" di Antonio Berti; Piz a Corf, Pizacòrf secondo il professor Pallabazzer).
Verso il Monte Mondevàl, col Pelmo sullo sfondo 
(foto G. Da Vià, 10 febbraio 2018) 

Si tratta della maggiore elevazione del bastione dolomitico che scoscende sulle valli del Loschiesuoi e Fiorentina, e a NE si articola in un pendio pascolivo, lungo il quale si guadagna il culmine liberamente e senza difficoltà da Forcella Vallazza, alla testata del catino tra Piz e Mondevàl. 
Chi frequenta queste, come tante altre cime, ovviamente di rado si pone dubbi toponomastici. Il Mondevàl (“Corvo Alto 1") è una meta forse quasi più famosa d'inverno, anche se in veste estiva lo ricordiamo molto piacevole: meno noto e frequentato è invece il “Corvo Alto 2", sul quale salimmo nel 2009 dietro indicazione di amici e trovandolo meritevole.
Dalla croce della vetta, posta in ricordo di Vittorino Cazzetta che esplorò a fondo quelle zone, trovando lassù la morte nell’estate 1996, si dominano S. Fosca e Pescul, paesi sui quali scendono pareti percorse da vie di scalata, alcune di alta difficoltà. 
Per quanto riguarda i nomi delle due cime, ci chiediamo: chi avrà ragione? Antonio Berti, Vito Pallabazzer, gli scialpinisti, i selvani, chi discute su Facebook?

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...