24 giu 2019

Ciao Gianni! Per Gianni Pontel, alpinista e amico (1941-2019)

34 anni fa, ai primi di settembre. Ero giunto da poco ad Aiello del Friuli per svolgervi il servizio civile; non conoscevo ancora nessuno e mi dissero di presentarmi a Gianni Pontel, appassionato di montagna e bravo scalatore, un’autorità in materia in un paese a 17 metri sul livello del mare. 
Ernesto, Andrea (+), Paolo e Gianni (+)
in vetta al Monte Verzegnis, 6.1.1986
Detto e fatto: suggellata la conoscenza davanti a una bottiglia di bianco e recuperati uno zaino e un imbrago, domenica 8 settembre con Gianni e Paolo Birri andai a tentare una via nuova tra le Crode dei Longerin. Avevo già salito tante cime, ma l'esperienza della via nuova mi mancava. Ogni dubbio si sciolse subito pensando che ero piuttosto in forma, sette giorni prima avevo fatto lo Spigolo Dibona sulla Grande di Lavaredo, e soprattutto mi stavo affidando a due rocciatori più grandi di me, entusiasti e molto comunicativi. 
La via non ci riuscì: dopo un paio di cordate, ci fermò una parete marcia dove sarebbero occorsi fittoni più che chiodi, e a malincuore dovemmo ripiegare. Non tutto però era perduto: l’instancabile e pragmatico Gianni propose di "consolarci" con una via del suo amico Bulfoni su una guglia vicina, che solo anni dopo seppi chiamarsi Torrione Ezio Culino. Dopo tanto cammino non potevamo certo sprecare la giornata, e quella via poteva fare al caso nostro! 
La parete, 300 metri di III, fu un’esperienza senza infamia né lode: dopo quattro cordate preferimmo slegarci e salire ognuno per proprio conto in vetta allo slanciato torrione, posto al centro di un anfiteatro delizioso, allora a me sconosciuto pur trovandosi a soli 60 km da casa mia. In vetta, respirai a pieni polmoni il piacere della salita, della compagnia, del mio “battesimo” alpinistico con gli amici di pianura, svoltosi rapidamente e con successo. La discesa fu quasi più complicata della salita, ma tutto andò bene e tornammo soddisfatti a Casera Melin per il bicchiere della staffa. 
Ero al settimo cielo: avevo ripetuto una via di un ottimo scalatore friulano e proprio nel suo regno, i Longerin. Ho rivisitato ancora la zona, l'ultima volta una decina d'anni fa: il torrione sul quale Gianni e Paolo mi offrirono per la prima volta la corda e l'amicizia per una salita in compagnia, ormai mi era familiare. 
Ieri purtroppo, dopo anni di tormenti, Gianni ha smesso di combattere e ci ha lasciati: lo ricordo qui con affetto, simpatia e particolare nostalgia, per quella giornata di oltre trent’anni fa e per molte altre trascorse insieme d’estate e d’inverno, per ognuna delle quali avrei un ricordo da raccontare. 
Mandi Gianni, riposa in pace.

10 giu 2019

Salendo la Croda Rotta: dov'è l'erba?

Una slanciata appendice della Punta Nera, nel gruppo del Sorapis, chiude verso ovest l'impluvio detritico alla testata della Val Orìta culminando a 2670 m d'altezza. Raggiunta in epoca e da persone ignote, fu denominata "Croda Rotta", un toponimo che parla da solo. 
Per farsi un'idea della consistenza, basta osservare la cuspide, che si affianca dirigendosi da Faloria verso la Sella di Punta Nera per l'accidentato e faticoso sentiero Cai 215, che poi scende in ambiente grandioso al lago del Sorapis.
Un giorno, avendo letto la brevissima relazione della guida Berti, che prometteva un accesso alla cima "facile e su terreno erboso", mi venne in mente di andare a vedere, abbinando magari la Croda alla soprastante Punta Nera, grande e poco frequentata montagna. 
La Croda Rotta,. osservata dalla via normale
alla Punta Nera (foto M.G., luglio 2008)
Ero solo e mi limitai alla Punta Nera, ma al momento non mi pentii. Seppi poi da un conoscente, sbucato quasi per caso lassù durante una rocambolesca galoppata solitaria da Cortina a Cortina attraverso Faloria, i Tondi, la Punta Nera e il rifugio Vandelli, che la Croda Rotta non gli si era dimostrata né facile né tanto meno erbosa, ma l'ascensione si risolve in una lunga e ripida placca, con ghiaia scivolosa e passaggi delicati, dove il conoscente disse che il problema non fu tanto salire, quanto tornare indietro. 
Ho raccolto poi altre testimonianze di salite sulla Croda, tra cui quella di Sandro (inserita nel volume "Cime attorno a Cortina. 130 vie normali ...", che uscirà quest'estate per i tipi di Idea Montagna a Padova). Leggendola, ho rivissuto la mancata salita alla cima, visibile da Cortina, dall'accesso non molto lungo se si approfitta della Funivia Faloria e fonte di un vasto scenario sulla valle d'Ampezzo e oltre. 
Con buona pace dell'inimitabile Berti, mi sono chiesto: perché nel 1928, 1950, 1956, 1971 (anni di pubblicazione delle edizioni della guida delle Dolomiti Orientali) si volle scrivere, e riscrivere che la cima è “facilmente accessibile, preferibilmente dalla forcella tra Croda Rotta e Punta Nera, nei pressi della Sella di Punta Nera, per terreno in gran parte erboso”? Dove mai sarà finita l'erba che decorava la cima, oggi sconsolatamente pietrosa e malferma?

4 giu 2019

Alla scoperta del Sas Peron, falesia mancata

Un pomeriggio della primavera 19.., con Carlo, Sandro e qualche altro - attrezzati in maniera primitiva e, come al solito, di nascosto dai genitori - partimmo in bici col fermo proposito di conquistare il Sas Perón. 
La "nostra" falesia del Sas Peron
(foto E.M., 15.9.2013)
Il Sas (in italiano «Sasso Sassóne») è un alto blocco dolomitico che si fa largo tra gli alberi sulla destra del Boite, di fronte alla fabbrica Lacedelli a Nighelònte. Ben visibile dalla Statale 51 poco oltre le case di La Vèra, il blocco chiude a meridione la strettoia che la valle d’Ampezzo incontra a Fiames. 
Ai suoi piedi passa una carrareccia militare, numerata dal Cai col 413 e frequentata sia a piedi sia in MTB, che unisce Fiames alla borgata di Cadin di Sopra e fu la meta di tante nostre escursioni familiari. 
Il misterioso culmine del Sas - che si eleva modestamente a 1342 m. di quota e dovrebbe essere il meno alto d’Ampezzo - si potrebbe salire con minimo dislivello dalla strada, anch'essa militare, che dal campeggio di Fiames porta al Lago Ghedina, attualmente chiusa per frane, avanzando tra la vegetazione fitta e caotica; non ho ragguagli da alcuno che vi sia salito e pure noi ci abbiamo provato, senza esito. 
Era destino: l'assalto al Sas Perón - iniziato sul lato che scoscende sulla carrareccia (varie decine di metri di roccia verticale e anche strapiombante, sporca d'erba e ghiaia e non proprio ideale) - alla fine fallì e pensandoci, non dispiacque a nessuno. 
Passando di recente in zona, riflettevo sulla giornata e mi ha colpito l'entusiasmo col quale noi, dotati di poca tecnica e attrezzi scarsi, ma entusiasti come solo a sedici anni si poteva essere, avremmo preteso – in anticipo sull'apertura dei principali luoghi d'arrampicata d’Ampezzo - di crearci una falesia tutta nostra, a bassa quota e accessibile persino in bici. 
Dopo la batosta inflittaci dal Sas, non passò molto che potemmo comunque rinforzare la nostra passione, con risultati disomogenei per i singoli membri della compagnia che si stava formando (alcuni furono ammessi al Gruppo Scoiattoli e due poi anche a quello delle Guide). Il modo, diverso rispetto a quello di chi scala oggi, fu riferirsi a chi sapeva, nutrirsi di guide e manuali, lanciarsi subito su vie di montagna senza perdere tempo su massi infidi fioriti di rododendri. Se, come ci sembrò di capire, prima di noi nessuno si era spellato le dita sul Sas Perón, una ragione ci sarà stata di certo! 
Finisco constatando che non soltanto il «Sasso Sassóne» è rimasto una "falesia mancata", ma tempo fa (complice un progetto di riattivazione dell'aviosuperficie di Fiames, chiusa dopo la tragedia del 31 maggio 1976) avrebbe persino potuto correre un grosso rischio. Trovandosi proprio lungo il corridoio scelto per il decollo e l’atterraggio dei mezzi, alcuni illuminati progettisti pensavano di facilitare le manovre aeree ... proponendo di decapitare letteralmente  il romantico blocco, colpevole soltanto di trovarsi nel posto sbagliato e al momento sbagliato.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...