Quanti misteri e quali segreti nasconde ancora la conca ampezzana, al pari di altre
valli alpine?
Ci
rifletto soprattutto quando escono notizie sulla
scoperta di qualche materiale antico e logicamente inedito. Si tratti di archeologia, botanica, geologia, archeologia industriale,
pastorale o storia militare, ogni ritrovamento suscita emozione. E non solo: anche un pizzico di invidia nei confronti di coloro che - muniti delle dovute conoscenze e dell'occhio che dedicandosi a
certe indagini si può sviluppare - incappano in qualcosa di originale, mai toccato, udito o visto.
Spesso
le novità sconvolgono l'impianto della storia (due esempi abbastanza freschi:
gli scavi iniziati sulla rocca di Podestagno, che sembrano retrodatare di molto vicende
che parevano cristallizzate nel Medioevo; la doppia croce confinaria n. 1
con San Vito sulla cresta delle Rocchette, riscoperta soltanto duecentoventi anni dopo l'incisione, nell'ottobre 1999).
La croce n. 1 del confine Ampezzo - San Vito, riscoperta soltanto nel 1999 (foto E.M.) |
Talvolta anche elementi non millenari incidono tra le pieghe della microstoria; ricordo la pagina della rivista del 1914 che dava merito a Bortolo Barbaria, e non a Zaccaria Pompanin come sostenuto da tutte le fonti, per la prima salita - 1.8.1913 - della Torre Lusy in Averau.
Segreti e misteri generano entusiasmo e – con le
forze, l'occhio, la scienza necessari - spingono ad indagare sempre più a fondo gli eventi di una valle tra le più pubblicizzate delle Alpi intere. Comunque, alcuni piccoli dubbi sono rimasti in parte insoluti.
Donde
venivano, e dove saranno le monete trovate nel 1914 da
una signora ampezzana nel suo orto a Cadin, e giudicate d'epoca romana? A che
cosa servivano i blocchi di pietra posti in circolo sulle rive del laghetto sotto i Lastoi del Formin? C'era veramente una chiesetta vicino al vecchio confine col Cadore, che Don Pietro
(Alverà o Da Ronco?) scriveva esistesse ancora nel 1866? Che cosa potrebbero contenere i cunicoli tra Son Pòusses e Podestagno?
Assodato
che le ricerche sul campo e sui documenti sono comunque impegnative, a noi - che sul campo andiamo molto poco - oggi interessano soprattutto i fatterelli di una branca della storia, stimolante ancorché non sempre valutata a dovere: quella delle nostre
crode. Perché, se è vero che ai nostri antenati la montagna “serviva”
soltanto fin dove finisce la vegetazione e quindi la produttività, siamo certi che quel limite riservi sempre piccole novità e sorprese.