25 lug 2019

Chi scoprì la variante al "Camin de Frasto" sulla Punta Fiames? Piccolo mistero dell'alpinismo ampezzano

Conosco bene la via Dimai-Heath-Verzi sulla Punta Fiames del Pomagagnon e la sua storia. Pur avendo consultato varie fonti bibliografiche però, non sono ancora riuscito a rispondere a uno di quei micro-enigmi che solleticano la curiosità e arricchiscono la storia dei nostri monti.
Chi scoprì, e quando lo fece, la risolutiva variante al passaggio chiave della via sulla parete sud-est della Punta, classica intramontabile aperta nel 1901?
La variante, lunga forse 30 metri e abbastanza tosta, aggira lo scuro camino, scivoloso se bagnato dall'acqua che cola dall’alto, che ha preso il nome di «Camin de Frasto» dopo una tragicomica avventura accaduta lassù al corpulento Teofrasto Dandrea «Jàibar».
Lungo il "Camin de Frasto" (foto F.G.)
Per evitare il camino quando non era in buone condizioni, per tradizione si usciva alla base, si traversava sul labbro sinistro e, stando attenti alla trazione della corda sullo spigolo intermedio, si rimontava l'espostissima parete parallela al camino; su di essa, almeno ai nostri bei tempi, faceva mostra di sé un chiodo, che dava la giusta sicurezza per mirare in alto senza guardare in basso.
Nelle descrizioni e schizzi delle guide d'arrampicata, anche di quelle recenti e più analitiche, non ho trovato traccia della furba scappatoia che, allo scrivente come a molti altri, consentì di eludere più volte lo scabroso anfratto, salito per la prima volta dalla guida Antonio Dimai e oggi valutato 4b. Il camino ha affidato all’aneddotica l'immagine di «Frasto» (1862-1944), insegnante, oste e albergatore che nel triennio 1898-1901 resse la Sezione Ampezzo del Club Alpino Tedesco-Austriaco e si rese benemerito in vari ambiti. Proprio in quel camino, il 13 settembre 1905 Dimai «Tone Deo» e Verzi «Tino Sceco» riuscirono a mettere bonariamente un freno all’abituale arroganza del loro compaesano. Ma della variante nessuno sa alcunché.

22 lug 2019

Il poco noto "Troi dei milezinche"

Lungo la Strada Statale 51 d’Alemagna, poco prima di Carbonin-Schluderbach e accanto alla tabella che precisa la quota altimetrica, un piccolo slargo a bordo strada ospita spesso veicoli in sosta. Quando ve ne sono, solitamente appartengono ai battitori di un sentiero che nessuna pubblicazione o cartina considera, ma esiste ed è noto sia nella valle d'Ampezzo sia in Cadore e in Pusteria. 
Il sentiero si chiama “Troi dei milezinche” (“sentiero dei millecinquecento”), “Troi de Mariano” o (secondo una recente testimonianza) "Sentiero blu". Anzitutto, qual è l’etimologia del nome? Il primo, più diffuso significato nasce dal fatto che il sentiero inizia proprio a quota 1500 m. Il secondo ricorda Mariano Gaspari "Baldo", falegname ampezzano deceduto nel 1990, che lo percorreva spesso, decantandolo a paesani e amici; il terzo, più banale, deriva dal fatto che la traccia è segnata con pochi bolli di colore blu. 
Ma dove si trova, e a cosa serve? Col "Troi" si può salire all’altopiano di Pratopiazza-Plätzwiese tenendosi lungo le pendici del Col Rotondo dei Canopi-Knollkopf, nel pieno della fascia boschiva che sovrasta la Strada Statale 51, ed esso è meno lungo e più piacevole della carrareccia che sale da Carbonin al rifugio Vallandro. 
Il “Troi” inizia sulla strada, s’inerpica piuttosto ripido per un tratto, percorre una terrazza boscosa alta sul Rio di Specie-Platzerbach e, valicata una recinzione di pascolo tra i territori di Dobbiaco e di Braies, a 1900 m circa e presso alcune sorgenti si unisce alla carrareccia che percorre la Val di Specie, di recente dedicata a Paul Grohmann.
Il Col Rotondo dei Canopi,
dal termine del "Troi dei milezinche" (foto I.D.F.)
Facile da smarrire in un paio di punti, qualche anno fa fu segnalato con qualche bollo, poi cancellato forse da cacciatori, decisi a difendere la "privacy" venatoria della zona. Pur trovandosi in Pusteria è conosciuto anche da diversi appassionati della nostra provincia e non, e pure chi scrive l’ha percorso più volte, d'estate come d’inverno. 
È singolare, ma non ci turba per nulla, che la traccia non sia universalmente pubblicizzata, e venga praticata - in alternativa alla lunga e monotona strada bianca - solo da pochi buongustai, che accedono per un paio d’ore a una zona solitaria, certamente più calpestata da animali che da esseri umani.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...