Il 26 agosto 1945, mentre saliva per allenamento, in cordata con il
coetaneo Mario Alberti Cuciarin, la “Fessura Dimai” o
“Ris” sulla parete E della Torre Grande d'Averau,
un ragazzo precipitava, ferendosi a morte.
Era
Bruno Verzi Scèco, guida alpina appena patentata. Nato a Cortina il
10 maggio 1926, Verzi aveva “mangiato pane e croda” fin da piccolo, essendo il primogenito di Angelo (1901-1986), guida attiva fino agli anni '60 del Novecento, e nipote di Agostino
(1869-1958), pure lui guida e famoso animatore, con Antonio Dimai
Déo e altri, dell'epoca aurea dell'alpinismo nelle Dolomiti.
Fu probabilmente la prima disgrazia accaduta sulle montagne ampezzane dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Nel libro di vetta della Punta Fiames, che raccoglie le firme degli
scalatori saliti lassù tra il 1926 e il 1952, si
trova un paio di volte anche il nome di Bruno Scèco, che si
qualificava già “guida”. La prima firma risale all'estate 1942
quando, poco più che sedicenne, salì con amici la via
Dimai-Heath-Verzi sulla parete SE, tracciata nel 1901 anche dal nonno, che vi portò clienti fino a età avanzata.
Torre Grande d'Averau, dal Rif. Scoiattoli (foto EM.) |
Oltre agli itinerari classici delle Torri d'Averau, Pomagagnon e Tofane, sui quali si sono esercitate alcune generazioni, molto altro Bruno non poté fare prima della morte, che colpì duramente la famiglia e la
comunità locale.
A
ricordo dello zio materno, che non aveva conosciuto, il 30 giugno
1981 gli Scoiattoli Paolo Alberti Rodèla (scomparso anch'egli in giovane età, nel luglio 1986) e Franco Gaspari Moròto salirono il pilastro E della Gusela,
che svetta sui pascoli di Giau, per un itinerario perlopiù in
arrampicata artificiale.
Con la nuova via, i ragazzi vollero ricordare Bruno Verzi Scèco, la
guida ampezzana caduta in età più giovane tra le 150 che accompagnano le vicende della conca da un
secolo e mezzo.