1 lug 2023

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria, pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina d’Ampezzo, Tipografia Print House - Cortina 2023, Euro 14,00.

Edificato proprio sulla bonaria vetta omonima, il Nuvolau fu il secondo rifugio delle Dolomiti tra Ampezzo e la Pusteria insieme al Dreizinnen, oggi Locatelli-Innerkofler alle Tre Cime. Autentico nido d’aquila, sorge a 2574 m. d'altezza; denominato nel periodo austro-ungarico Sachsendankhütte, è noto fin dall'alba dell'alpinismo per l’incredibile panorama che da lassù si schiude. Già nel 1877 Paul Grohmann, nel suo libro “Wanderungen in den Dolomiten”, accennava al Nuvolau: “Un mare di montagne è davanti a noi, e sarebbe inutile volerle elencare o descrivere. Soltanto la macchina fotografica potrebbe fissare le nostre impressioni…” Lontano da strade, impianti sciistici e dalla folla del centro di Cortina, il rifugio si raggiunge ancora solo a piedi, è rimasto “rustico” e per goderne il profumo antico occorre un pizzico di spirito di adattamento: il grandioso colpo d’occhio che offre la vetta, soprattutto alla levata del sole, ha sempre ricompensato della salita, un tempo lunga e faticosa.
Ricorrendo il 140° dall’apertura, avvenuta l’11 agosto 1883, la Sezione ampezzana del Cai, che ne è proprietaria ed è presieduta da Luigi Alverà, ha voluto dedicargli una biografia, realizzata a quattro mani da Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, soci del Cai di lungo corso, e presentata al rifugio il 18 giugno. In un centinaio di pagine, abbellite da oltre 50 foto d’epoca ed attuali, il volume percorre la storia e la memoria del ricovero alpino voluto 140 anni fa dalla nascente Sektion Ampezzo dell’Alpenverein; vengono ricordate le tante persone che lo idearono, lo finanziarono, ci hanno vissuto e lavorato, dal benefattore sassone Richard von Meerheimb (1825-96) ai gestori d’oggi. Valendosi dei preziosi documenti dell’archivio del Cai sezionale, di una corposa bibliografia e della passione che nutrono per le montagne, gli autori hanno voluto rivangare le vicende che in cent’anni e più hanno interessato la capanna. All’inizio occupava solo 12 metri quadri, aveva pochi pagliericci, era privo di custode e, per molti decenni, rimase senza acqua corrente; oggi è un rifugio alpino di prim'ordine, frequentato e apprezzato.
Il Nuvolau patì per i combattimenti della Grande Guerra e rimase inagibile fino all'estate 1930, ma fin dal 1895 viene periodicamente ammodernato, ampliato e abbellito, per corrispondere alle esigenze di tanti visitatori che arrivano fin lassù da tutto il mondo. Non sarà mai la base per scalate, ma consente escursioni su vari versanti; vanta anche una simpatica via attrezzata che sale dal Passo Giau; è posto tappa dell’Alta Via n. 1 delle Dolomiti e costituisce un eccezionale punto panoramico.
Con il libro, la locale Sezione del Cai ha inteso anzitutto omaggiare le generazioni di valligiani che hanno progettato, costruito e amministrato il rifugio con impegno e sacrifici fino ai nostri giorni, e si è inteso poi onorare le fascinose crode dolomitiche, che da lassù si ammirano davvero a giro d’orizzonte. Non resta ora che pensare al prossimo 140° d’un rifugio di Cortina: quello a Forcella Fontananegra, aperto come Tofanahűtte nell'estate 1886, ampliato nel 1921 ed intitolato fino al 1971 al Generale Antonio Cantore, caduto lassù, poi interamente riedificato nel 1972 al nome dell'alpinista milanese Camillo Giussani. Non è escluso che gli autori, tempi futuri permettendo, ci stiano già pensando.

5 mag 2023

Torre Wundt 85

A chi segue le ricorrenze dell’alpinismo, ricordo che - ai primi del prossimo settembre - cadrà l’85° anniversario di un itinerario celebre e molto apprezzato dagli appassionati di vie di difficoltà classica, comode e panoramiche, su pareti solide e ben protette, con un rientro rapido ed un punto d’appoggio non distante.
Il fortunato itinerario così descritto segue la fessura che solca il lato sud-est della Torre Wundt, perla dei Cadini di Misurina che si alza di fronte al rifugio Fonda Savio e fu salita da Theodor von Wundt con Mansueto Barbaria e Giovanni Siorpaes di Cortina nel 1893. Scopritori del tracciato qui citato, il 7 settembre 1938, furono due uomini che potevano essere padre e figlio. Il primo era Piero Mazzorana, giunto da Longarone in Auronzo, dove a ventisei anni divenne guida, già noto per la sua perizia. Lo seguiva il conte Sandro del Torso, udinese che – dopo aver scoperto la montagna in età matura - nel periodo 1932-1942 s’intestò sulle Dolomiti trentaquattro nuove vie, salite con i migliori alpinisti e guide dell’epoca.
La Torre d'inverno (Foto F.G., 2023)

Nel 1938 del Torso iscrisse nel suo palmares cinque vie e Mazzorana ne scoprì tre, tra le quali un’altra sulla Torre Wundt, parallela ma meno nota, dove il 20 settembre portò Ilde Scarpa di Venezia. 85 anni dopo, la Mazzorana-Del Torso è sempre una delle salite più frequentate dei Cadini e merita attenzione per il percorso vario, su roccia solida e ben attrezzata. Essa si sviluppa in una serie di fessure e camini nel mezzo della parete e in alto piega a sinistra su gradoni che escono in cima. Prima che qualcuno la ripetesse ci vollero quattro anni: la seconda salita infatti si dovette, il 14 agosto 1942, a Pavesi e Carreri di Mantova, in licenza nelle Dolomiti prima d’iniziare il corso ufficiali. Trascorse poi ancora del tempo prima che qualcuno si avventurasse lassù d’inverno; lo fecero i triestini Baldi e Scarpa, l’11 marzo 1956.
Lo scrivente, in gioventù assiduo visitatore della Torre e del vicino rifugio, la conobbe nel 1981 e vi salì poi spesso. Il 7 settembre 1988 era pronto per celebrare degnamente, con una delle tante salite, il 50° della via. Sarebbe stata un’occasione importante, ma all’ultimo momento la compagna di cordata diede forfait, e la giornata prese un’altra direzione. Fu un vero peccato!

2 mag 2023

2023: alcuni anniversari legati alle Dolomiti

Guardando le montagne, nello specifico le Dolomiti che circondano la valle d’Ampezzo, il 2023 risulta un anno ricco di ricorrenze che, se le citassimo tutte, potrebbero riempire pagine a profusione.
Iniziando con un 160° anniversario, troviamo che il 29 agosto 1863 – con la prima ascensione della Tofana di Mezzo da Forcella Fontananegra – prendeva piede l'esplorazione e la conquista delle vette ampezzane. La salita spettò al giovane Paul Grohmann, accompagnato per l’occasione dal maturo cacciatore, orologiaio, armaiolo e patriota Francesco Lacedelli "Checo da Melères", prima guida di Cortina.
150 anni fa, il 9 aprile 1873, nasceva un’altra guida, Bortolo Barbaria – noto come l’uomo dei camini. Questi, da esperto di camini rocciosi, lasciò il suo nome a una via molto ambita nel primo ‘900, il Camino Barbaria sul versnte nord del Becco di Mezzodì, datato 19 agosto 1908.
Sono cento quarant'anni invece dacché, sulla facile e panoramica cima del Nuvolau "di mezzo", apriva la capanna Sachsendank, primo ricovero alpino del territorio, voluto dalla neonata Sezione Ampezzo del Club Alpino Tedesco-Austriaco. Il giorno dell’inaugurazione, 11 agosto 1883, fu anche funestato dalla mortale caduta della guida quarantunenne Giuseppe Ghedina Tomasc, presente alla festa e precipitato tra i dirupi, in circostanze mai del tutto chiarite.
Risale al 1893, dunque ha cento trent'anni, invece, la prima campagna alpinistica in Ampezzo del musicista torinese Leone Sinigaglia, che esplorò con successo molte cime del circondario e il 5 settembre - con la guida Pietro Dimai Deo - si aggiudicò lo spigolo nord della Croda da Lago, divenuto poi celebre come “Cresta Sinigaglia”.
Le vette della Croda da Lago (Foto E.M.)

1903, cento vent'anni fa: nascevano due ottime guide degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, Giuseppe Dimai Deo e Celso Degasper, che si legarono spesso insieme in occasione di prime ascensioni e di salite con clienti.
1913: risaltano alcune ricorrenze minori; tra esse, in settembre, l’ultima via nuova della guida Antonio Dimai Deo, con le valorose sorelle ungheresi Rolanda e Ilona von Eötvös, sulla Cima di Mezzo del Cristallo: una cresta di 700 metri, riscoperta soltanto una cinquantina di anni dopo.
Finiamo per ora con un compleanno di un secolo fa, quando sulle nostre montagne c’era poco da fare e tanto da rifare: il 1° marzo 1923 nasceva Albino Alverà Boni, uno dei fondatori del Gruppo Scoiattoli di Cortina, che avemmo il piacere di intervistare per la Rai 3 Ladina nel 1998 e ricordiamo con simpatia.

30 apr 2023

50 anni fa moriva Renato De Pol "René"

15 aprile 1973, Domenica delle Palme: sono passati cinquant’anni.
Due amici vollero salire sulla Torre Quarta Alta d’Averau per una nuova via sulla scura parete nord: erano Lino Lacedelli, Scoiattolo e guida alpina classe 1925, e Renato De Pol detto René, veneziano di 45 anni emigrato per lavoro a Cortina ed appassionatissimo delle Dolomiti. I due scalavano spesso e volentieri insieme: purtroppo, quella fu la penultima volta, poiché soltanto due settimane più tardi, il 1° maggio, René cadeva dal rinomato «Spigolo Jori» della Punta Fiames, che conosceva molto bene ed aveva scelto, insieme all'amico Lino ed a Marisa Zangiacomi, per affrontare la nuova stagione alpinistica.
Per il nuovo tracciato, la cui relazione apparve soltanto nel 1987 nella piccola guida di Franz Dallago e Sandro Alverà «Cinque Torri. La palestra degli Scoiattoli», edita da Tamari Montagna e presentata da Lacedelli e Lorenzo Lorenzi, si dichiarò uno sviluppo di 70 metri e un impegno compreso tra il IV grado superiore e il V superiore. La via, scalata in un’ora soltanto, non fu certamente una grande impresa, quindi, ma una testimonianza dell’inventiva dei due ultra quarantenni.
Tra l’altro, risulta che quella con René fu anche l’ultima delle vie aperte da Lacedelli, 29 anni dopo la prima, tracciata in tempo di guerra con due amici quindicenni sulla Cima Ovest della Torre Grande. Dopo di essa, sulla stessa parete ne comparve un’altra, chiodata a spit e quindi espressione di un alpinismo moderno, che non era ormai più quello di Lino e Renato.
La Torre Quarta Alta (Foto E.M.)

La tragica caduta scosse profondamente l’ambiente alpinistico locale; l’anno seguente, il valente e sempre entusiasta De Pol – di professione fotografo per Foto Ghedina – venne ricordato dagli amici, con in testa la guida veneziana Giorgio Peretti, nel sentiero attrezzato che ricalca un percorso di guerra sulle Punte del Forame de Fora nel gruppo del Cristallo, da Ospitale a Forcella Verde.
Sulla Nord della Quarta Alta, una guglia che vanta storicamente il pregio di essere stata salita per la prima volta nel settembre 1911 da Angelo Dibona Pilato - indiscusso simbolo delle guide ampezzane - con l’albergatore Amedeo Girardi, i rocciatori di Cortina lasciarono una bella testimonianza, e a mezzo secolo dalla loro scalata e dalla immatura scomparsa di René De Pol la riproponiamo volentieri.

29 apr 2023

I centocinquant'anni di Bortolo Barbaria

Nell'aprile del 1873 nasceva e settant’anni fa, il 21 febbraio 1953, si spegneva la guida alpina di Cortina Bortolo Barbaria, conosciuto come «Bortolìn Zuchìn». Il suo nome ricorda in primo luogo una cima, il Becco di Mezzodì, e una via, il «Camino Barbaria», che ai primi del Novecento fu molto rinomato, e poi messo man mano in disparte a vantaggio di altri tracciati più agevoli, su terreno migliore e più gratificanti.
Di Bortolìn, primogenito della guida Giovanni e padre della guida Giovanni jr, autorizzato alla professione dal 1901, è rimasta l’affezione per i camini, che percorse in quantità. A quasi settant’anni non si era ancora fermato: nell'estate 1939 c'è la sua firma sul libro di vetta del Piz Popena, intorno al 1941 fu fotografato sulle Cinque Torri con Celso Degasper Meneguto e Bruno Verzi Scèco, altre due guide che potevano essergli figlio e nipote.
Bortolo Barbaria
tra Bruno Verzi e Celso Degasper
Il 19 agosto 1908, dopo un precedente tentativo, Barbaria riuscì a superare con Giuseppe Menardi Berto la spaccatura che solca l’appicco nord del Becco, proprio di fronte al rifugio sul lago di Federa allora in mano alla Sektion Reichenberg del Club Alpino Tedesco-Austriaco. Lungo il levigato camino, dietro al Zuchìn e al Berto c’erano i clienti veneti Francesco Berti e Ludovico Miari. Il percorso, di tutto rispetto per l’epoca, non poteva mancare nel carnet delle sorelle ungheresi Ilona e Rolanda von Eötvös, che lo salirono per seconde il 31 luglio 1909, con i fedeli Antonio Dimai Déo ed Agostino Verzi Scèco.
La prima ascensione in solitaria della via, compiuta in sole 2 ore dal rifugio, spettò alla giovanissima guida Francesco Jori di Canazei nell’estate 1909: nulla si sa invece di una prima d’inverno, se mai fu compiuta. Dal punto di vista personale, ritengo un peccato non aver conosciuto quel camino: sarebbe oggi un piacere, possederne dati meno asettici di quelli meramente libreschi! Ricordo però quanto raccontò mio padre, il quale lo provò con un amico nell’autunno 1942, ma fu costretto a battere presto in ritirata, a causa del freddo.
Nessuno degli amici e conoscenti che hanno esplorato ed ancora esplorano i nostri monti, mi menziona mai il «Camino Barbaria», che il Becco conserva a perenne ricordo di «Bortolìn Zuchìn» da Bigontina, uno dei valenti pionieri delle Dolomiti ampezzane.

Cima Grande di Lavaredo, 1933-1983-2023

Il 14 agosto prossimo ricorrerà il 90° anniversario della conquista di una delle pareti iconiche delle Dolomiti: la Nord della Cima Grande di Lavaredo, salita dopo vari tentativi da Emilio Comici coi fratelli ampezzani Angelo e Giuseppe Dimai.
Delle giornate del 12-13-14 agosto 1933, delle difficoltà dell’ascensione, dei chiodi usati, delle sterili polemiche seguite si è scritto tanto, fin da allora. Dopo quasi un secolo i testimoni di quei giorni sono ovviamente scomparsi ma, nonostante questo, sembra che qualcuno covi ancora dei dubbi sui meriti della scalata. Ne fa fede la biografia di Comici del canadese David Smart "Emilio Comici. L'angelo delle Dolomiti", edita da Solferino nel 2022, dalla quale a chi scrive è sembrato che all’autore le guide ampezzane siano risultate tutto sommato poco simpatiche.
Lo stesso 14 agosto cadrà anche una ricorrenza tutta mia personale legata alla Cima Grande di Lavaredo: il 40° della prima salita sulla Cima, che compii per la via normale e da solo. Quella mattina del 1983, sull’autobus col quale mi recavo al rifugio Auronzo incontrai l’ormai anziano Angelo Dimai, la moglie Clori e il nipote Ugo Samaja, e mi parve di capire che salivano alle Tre Cime per ricordare il 50° della Nord. Pur conoscendoli, feci finta di niente e all’Auronzo sparii velocemente, per evitare che magari riferissero a casa della «pazzia» che stavo facendo. Superai la normale senza alcun intoppo, tenendo la corda nello zaino; firmai il libro di vetta e, mentre mi gustavo il sole dei 2999 metri, vidi spuntare due ragazzi che fra loro parlavano in ampezzano.
Emilio Comici (1901-40)
Non li conoscevo: si presentarono, seppi che si chiamavano Mario e Roberto, erano di sette e sei anni più giovani di me e avevano salito lo "Spigolo Dibona", un sogno che nel 1985 ebbi pure io la possibilità di realizzare. Ci accordammo subito di scendere insieme con la loro corda; tutto filò liscio, e rimediai anche uno strappo in macchina fino a Cortina. La giornata fu davvero importante, sia dal punto di vista personale che storico e alpinistico; mi dispiace di non avere nemmeno una fotografia di quell’ascensione, che nell’estate 1996 ripercorsi per la terza volta con due amici, rischiando grosso a causa di un furioso temporale che ci assalì durante il rientro!
E quando, poco tempo fa, ho rivisto Roberto, mi è venuta ancora in mente quella bella domenica.

20 gen 2023

Punta Fraio, un mezzo mistero


Nello schizzo del gruppo della Croda da Lago che Terschak fece per la guida delle Dolomiti Orientali di Antonio Berti (1928), non se ne trova traccia: nell’edizione 1971 del volume, il nuovo schizzo riporta una cima di 2611 metri, sulla cresta tra Forcella Sinigaglia e un torrione salito nel 1974 e dedicato a Dino Buzzati.
Oltre al nome “Punta Fraio”, delle peculiarità, la storia e l’origine del nome della Punta si sa ancora poco. Siamo riusciti a inquadrarla grazie a una foto vista al rifugio sottostante e a quelle di Sandro Caldini, che nel 2022 con la guida Giacomo Zardini "Jack" salì la cresta N (Sinigaglia-Dimai) della Croda da Lago, passando proprio accanto alla Punta.
Punta Fraio, dalla cresta Sinigaglia
(Foto S. Caldini)
Crediamo che il nome sia nato a fine ’800, e possa legarsi a due guide del ceppo Ghedina Fraio. Fini e Gandini scrivevano che intorno al 1880 i fratelli Eugenio e Simone Ghedina, di un ceppo familiare oggi scomparso a Cortina, iniziarono insieme l’attività di guida.
Eugenio, classe 1857, esercitò la professione per un breve periodo e morì a soli ventotto anni. Il fratello, detto Scimonùco (1859-1931), fu abilitato nel 1882. Guardaboschi, ebbe fama di abilissimo giardiniere. Come guida fu attivo fino al 1903 e fu quello che si definisce un bel tipo, gioviale e sempre pronto alle battute. Di fronte alle lisce e scivolose pareti del Cristallo, sosteneva – ad esempio – che per scalarle occorrevano i peli sul palmo delle mani!
La guida di Cortina e dintorni di Leone Woerl (1890) fra le guide autorizzate cita anche Simone Fraio; nella Tariffa per le guide di montagna del Distretto Giudiziario di Ampezzo (1898) Ghedina non è fra le guide disponibili ; tra quelle riunite all’Osteria al Parco per l’adunanza generale del 1901, invece, Simone è seduto al tavolo. Le lapidi del cimitero che ricordano le guide e i portatori di Cortina, infine, ricordano solo lui.
Ai Ghedina non si legano imprese di rilievo; il più giovane forse svolse solo attività di guida per montagne basse e non fu coinvolto in maggiori impegni, ma conobbe senz’altro molte cime. Secondo le cronache, il 5.6.1883 Simone fu con Angelo Menardi Malto, Luigi Picolruaz Nìchelo e Giuseppe Girardi (?) nella terza ascensione della Torre Grande d'Averau.
La punta della Croda da Lago – di interesse alpinistico molto relativo – secondo chi scrive fu dedicata proprio ai Ghedina, dai colleghi o da Leone Sinigaglia, che nell'agosto del 1893 fu buon cliente di Scimonùco. Da secoli essa guarda il Lago di Federa e ci ricorda due figure dell’alpinismo ampezzano, una famiglia in estinzione e ricordi remoti di nostalgiche scoperte.

1 dic 2022

Antiche fotografie di montagna: le guide alpine ampezzane del 1901

Una suggestiva fotografia della vecchia Cortina è senz'altro quella, utilizzata nel 1983 per la copertina del volume su "Le guide di Cortina d’Ampezzo" di Franco Fini e Carlo Gandini, edito da Zanichelli. L’immagine ha una data e un luogo precisi: fu ripresa il 2 novembre 1901 davanti all’Osteria al Parco – Weinstube di Teofrasto Dandrea, nella piazza adiacente la Chiesa Parrocchiale. Non escludiamo che sia opera di Emil Terschak, fotografo e alpinista boemo insediatosi nel 1893 a Cortina, dove aprì un atelier di fotografia e stampa di cartoline.
Essa immortalava le guide e i portatori alpini in esercizio quell’anno nella valle d’Ampezzo. Vi compaiono oltre 30 persone, non tutte guide: ci sono anche il proprietario dell’Osteria ospitante  e reggente pro-tempore della Sezione locale dell’Alpenverein; l'albergatore Annibale Verzi; il giovane medico Angelo Majoni; il Capitano Distrettuale, il maestro Giuseppe Lacedelli, donne, bambini e ragazzi, tra i quali l’undicenne Fritz Terschak, che diventerà un punto di riferimento per l'alpinismo e lo sport ampezzano.
Dalle carte consultate per la compilazione del libro sopracitato, si evince che la Direzione del Club Alpino, in previsione della riunione, diramò un invito «a tutte le guide, pregando di voler comparire infallantemnte sabato 2 novembre 1901 alle ore 12 precise nella Piazza dell’Osteria al Parco, in costume da guida con corda e piccone nonché distintivo, per fare la progettata fotografia, e tenere dopo la Seduta generale.»
L'invito ha una simpatica postilla: «con multa di 30 soldi a chi non comparisse!» E questa postilla, la severa Direzione del Club Alpino non mancò di applicarla: delle ventinove guide invitate, la dovettero pagare in sette, che non si videro all’Osteria, ovviamente ognuna per i propri motivi. Gli inosservanti, consegnati alla storia dell’alpinismo, furono Antonio Lacedelli da Rone portatore, Luigi Menardi de Zinto guida, Arcangelo e Serafino Siorpaes de Valbona guide, Giuseppe Siorpaes Refo portatore, Pietro Siorpaes de Santo guida e Luigi Picolruaz Nichelo guida.
Si può immaginare come sia andata quella giornata novembrina, in cui le montagne erano sicuramente già velate di neve, i primi quattro rifugi d'Ampezzo già chiusi, il turismo assente: si ritrovava un pezzo della comunità locale, un pezzo importante che è rimasto nelle cronache per quanto fece per lo sviluppo della conoscenza dell’ambiente e della frequentazione turistica.
Oggi, cento e passa anni dopo, suscita un po’ di curiosità rivedere tutte quelle facce barbute, quelle divise, quelle corde e quelle piccozze!

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...