28 nov 2010

Adolescenti allo sbaraglio

Nelle nostre menti di adolescenti, scalare sassi era quasi un mezzo di promozione sociale. Nei primi anni ‘70, nel bosco poco oltre le case di Mortisa, avevamo scoperto un masso, “parente” di quelli di Volpèra, che spuntava dagli alberi, oggi sempre più fitti, come un grosso dente. Complice il parziale e primitivo adattamento che ne avevano fatto in passato i ragazzi della zona, vi andavamo spesso per esercitare, più che le braccia, la fantasia. Da uno di noi, il masso era stato battezzato (mi chiedo ancora perché) “Sas del orso bianco”: se non ricordo male, esso si articolava in un blocco principale dall’angusta sommità, sul quale si saliva per zolle e rocce instabili. Nei dintorni c’era un terrazzo dove con lamiere e plastica era stato ricavato un prototipo di bivacco, una cengia attrezzata con chiodi, fil di ferro e una scaletta di legno ed altri ammennicoli. L’unica zona in cui non mettemmo mai il naso è la parete che guarda Campo di Sotto, non molto alta ma verticale e liscia, dove poi dev’essere salito lo Scoiattolo Carlo Michielli. Noi per il nostro Sas avevamo un sacco d’idee e progetti: dall’attrezzare una via ferrata, per collaudare la quale erano già disponibili due bravi parenti, all’aprire “dirette”, “direttissime”, “spigoli” in ogni centimetro libero. Le difficoltà dei brevi tratti dove era necessario mettere giù le mani per salire toccavano forse il II, ma la roccia era così incerta e mista ad erba e ghiaia, che comunque il masso non sarebbe mai potuto diventare una “palestra” come si deve! Dentro di me, il mito del Sas s’infranse il giorno in cui, dalla stradina sterrata che sale verso il Lago d’Aial, vedemmo sulla parete di fronte al nostro regno due tizi atletici che arrampicavano, su roccia senza dubbio migliore e con difficoltà degne del loro nome. Conoscemmo allora Diego Campi di Vicenza, compagno anche di Renato Casarotto, che in un pomeriggio di “disperazione” stava tracciando con un tale Scattolin una “diretta” in un posto senza nome, snobbando il nostro piccolo mondo di roccia a favore di una parete seria. Lungo la quale noi, comunque, non saremmo mai riusciti a salire.

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