26 giu 2016

Sorabànces, il regno del grande Santo

Tra i luoghi turisticamente e alpinisticamente più rinomati di Cortina, merita interesse il Passo (o Sella) di Cimabanche. Cimabanche è l’inesatta traduzione italiana del ladino Sorabànces, in tedesco Im Gemärk. Il nome si lega all’area circostante la sella, in vari punti della quale affiorano lastre inclinate (bànces), che si devono superare per passare dalla valle d’Ampezzo alla Pusteria, e identifica il valico che fa da spartiacque fra la Rienza e il Boite, attraversato dalla SS51 d'Alemagna ed equidistante sia da Cortina che da Dobbiaco.
Del valico si trova cenno fin dal Medioevo: proprio lì, infatti, il 7 maggio 1347 Federico Savorgnano coi patriarchi d’Aquileia e i cadorini sconfisse le milizie dell’imperatore Lodovico, condotte dal Brandenburghese, e in un documento del 7 agosto 1448 esso viene citato con il toponimo Summobanchi e Summebanche.
Fino al 1918 Sorabànces  il confine fra la comunità ampezzana (tirolese italofona) e quella di Dobbiaco (tirolese germanofona). Dal primo dopoguerra è il limite politico-linguistico fra il territorio veneto e quello sudtirolese, fra la Provincia di Belluno e quella Autonoma di Bolzano: due mondi contigui, ma molto diversi.
Vicina al Passo si estende una spianata di proprietà della Regola Alta di Larieto, denominata Pian de Sorabànces. In essa confluiscono due torrenti: il Knappenfussbach-Rio dei Canopi-Ru dei Chenòpe, che scende dall’altopiano di Pratopiazza attraverso l'omonima valle e si getta nella Rienza, e il Ru Pra del Vecia, che ha origine a Forcella Verde nel gruppo del Cristallo e scende nel Felizon e poi nel Boite.
Oggi a Sorabànces dimorano tutto l'anno soltanto due persone, e il luogo fa spesso notizia, poiché è uno dei più gelidi dell’arco alpino orientale: in qualche inverno, vi sono stati misurati anche 25 gradi sotto zero.
Cimabanche prima del 1850 (disegno
di Osvaldo Monti, raccolta E.M.)
Oltre un secolo fa, nella cantoniera presso il valico – a due ore e un quarto di carrozza da Cortina - imperava un uomo leggendario per la storia dell'alpinismo dolomitico: Santo Severino Siorpaes, della casata ampezzana Salvador, ma più noto come Santo da Sorabànces.
Nato il 2 maggio 1832 nel villaggio di Staulin e spentosi nella sua casa di Majon per “angina pettorale” il 12 dicembre 1900, Santo fu guardia forestale, I.R. Maestro Stradale, cacciatore, ma soprattutto una grande guida.
Appartenne alla schiera delle guide dei pionieri e, fra le prime, fu di certo la più dotata tecnicamente. Accanito inseguitore di camosci (come il più giovane Michl Innerkofler, guida di Sesto Pusteria con il quale rivaleggiò sulle cime e nei racconti venatori), acquisì una vasta esperienza delle crode ampezzane e bellunesi, estesa anche in Austria e in Svizzera, fino al Cervino.
Di lui parlarono e scrissero Paul Grohmann, Whitwell, Kelso, Tuckett, Merzbacher. Tutti gli alpinisti che lo ingaggiarono per compiere salite nelle Dolomiti, ne lodarono sempre le capacità di scalatore, la spiccata umanità e il carattere gioviale ed allegro. 
L’inizio della sua carriera si fa risalire al 29 agosto 1864 quando, con Francesco Lacedelli ( detto Checo da Melères) e Angelo Dimai Déo, Santo accompagnò Grohmann sulla Tofana de Ròzes. 
Nel ventennio seguente, realizzò una trentina di prime ascensioni in Ampezzo, sulle Pale di San Martino, in Marmolada e in vari altri gruppi montuosi: tra esse spiccano il Cristallo, il Piz Popena, la Croda Rossa e il Cimon della Pala, il Becco di Mezzodì e il Cimon del Froppa, il Duranno, la Pala di San Martino.
Giunto a cinquant'anni cessò la professione, ma ancora nel 1895, richiesto da clienti, salì il Piz Popéna per la via aperta un quarto di secolo prima, insegnando il tracciato al nipote Arcangelo, guida autorizzata da poco.
Dei suoi figli, due seguirono con eccellenti risultati le orme paterne. Il maggiore Pietro (Piero de Santo, 1868-1953), abile armaiolo, fu guida dal 1887 al 1903 e in seguito guardacaccia al servizio delle nobili Anna Powers-Potts ed Emily Howard-Bury, proprietarie della Villa Sant’Hubertus a Podestagno.
Il secondo, Giovanni Cesare (Jan de Santo, 1869-1909), fu guida dal 1890, cantoniere come il padre e albergatore. A lui è attribuita una ventina di prime, compiute soprattutto coi colleghi Antonio Dimai Déo, Agostino Verzi Sceco e Sepp Innerkofler di Sesto.
Giovanni condusse alla scoperta delle Dolomiti il Barone Lorànd von Eőtvős, le figlie Rolanda e Ilona, Adolf Witzenmann, i britannici Phillimore e Raynor. Con loro scalò la nord del Civetta, la Torre SO di Popena, la Croda dei Toni, la Tofana de Rozes da sud, la Cima Undici e molte altre vette. 
Il Campanile e la Cima Antonio Giovanni nei Cadini di Misurina, scalate il 1° settembre 1900 con le Baronesse von Eőtvős, lo ricordano insieme ad Antonio Dimai Déo.
Merita un cenno la prematura morte di Giovanni, succeduto a fine '800 al padre nell’incarico di I.R. Maestro stradale; in un certo senso, essa equivalse anche al graduale declino di Sorabànces come punto di riferimento alpinistico.
Utilizzando i risparmi accantonati col mestiere di guida e un prestito di 40.000 corone, "Jan" era riuscito a costruire un Hotel a Cimabanche, lungo la Strada d’Alemagna ed al cospetto dell’imponente Croda Rossa d'Ampezzo. 
Per merito del lavoro della guida e di sua moglie Giuditta, l’esercizio acquisì in breve una certa rinomanza come base per soggiorni e salite nella zona.
L'Hotel Im Gemark a Cimabanche, nel 1913 (raccolta E.M.)
Nell’autunno 1908, mentre Siorpaes conduceva un carro a due cavalli sulla strada antistante il suo albergo, i quadrupedi, impauriti alla vista di una delle rare autovetture circolanti in Ampezzo, s’imbizzarrirono.
La guida fu trascinata per la strada dai quadrupedi impazziti: soccorsa e curata, parve guarire. I postumi dell’incidente però non tardarono a manifestarsi: Giovanni si ammalò di broncopolmonite e il 6 aprile 1909, nemmeno quarantenne, morì lasciando la vedova e tre figli piccoli.
Nei primi giorni della Grande Guerra, poche e ben assestate cannonate italiane rasero al suolo l'Hotel, che non è stato più ricostruito. La vedova del valente e sfortunato Siorpaes, risarcita per i danni di guerra, assunse la gestione dell’albergo Venezia a Cortina, mantenuta coraggiosamente per molti anni. La dinastia delle guide Siorpaes e la loro epopea, però, erano definitivamente tramontate.
Con queste note mi auguro si capisca che Sorabànces, spesso degnato solo di uno sguardo passando in automobile, non è solo il limite fra due Comuni, due Province, due Regioni, due lingue e due culture, ma è un luogo ricco di ricordi storici, alpinistici e turistici che non meritano di essere dimenticati.

1 commento:

  1. Sorabances è un luogo che secondo me si può osservare sotto molti punti di vista diversi. Per tanti anni l'ho considerato come un semplice luogo di passaggio, non degno di particolari attenzioni. Poi ho iniziato a considerarlo di più quando lo utilizzavo come base di partenza per sentieri (soprattutto verso la Lerosa e Pratopiazza) e gite di sci-alpinismo. Man mano che innalzavo il mio livello di camminatore e ambivo a luoghi più selvaggi al di fuori dei sentieri battuti, mi sono reso conto che i versanti della Croda Rossa e del Cristallo racchiudevano diverse opportunità interessanti. Osservando bene i versanti, questi non erano più "il Cristallo" e la "Croda Rossa" ma una miriade di cime, canaloni e cenge ciascuno con il suo nome e degno di nota. Ho poi scoperto le tracce del Vallo Alpino Littorio, altra curiosità che, in territorio di Cortina, Cimabanche condivide solo con Tre Croci. Poi, Guardando la pagina Google+ di Cristina Bacci e Angelo Zangrando di Auronzo mi sono reso conto che i versanti del Cristallo nascondono ancora un sacco di postazioni di guerra ormai dimenticate e mangiate dalla vegetazione; non sono ancora in grado di localizzare molte di queste. Infine, mi incuriosisce anche la geologia dei luoghi (non sono un esperto, ben inteso), soprattutto per aver sentito dire che fino ad epoche geologiche recenti lo spartiacque fosse più vicino a Cortina e solo qualche millennio fa il Felizon ha rivolto il suo corso verso il Boite e non più verso la Rienza. Ora, ogni volta che passo da Sorabances, mi perdo in lunghi minuti o mezze ore di osservazione dei versanti e sento di avere ancora qualcosa da scoprire.

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