15 giu 2017

La "Tèta", solitaria cima di Fòsses

Giunti ai piedi della Croda del Béco il 21 luglio 2007, fine settimana in cui si festeggiava il primo secolo di vita del rifugio Biella, occupammo una piccola parte della domenica trascorsa all'estremo nord d'Ampezzo, su una cima fino ad allora misconosciuta. 
Spesso presente in immagini del rifugio (sulle cartoline dell'Egererhűtte anteriori alla Grande Guerra, ma anche in seguito), la cima custodisce un unico, ma cospicuo motivo di attrazione: un vasto e istruttivo colpo d'occhio, che si estende fino alla vallata di Cortina e ai suoi nuclei abitati più a nord.
La cima, dal rifugio Biella (foto I.D.F., 22 luglio 2007)
Per questa ragione, molti tra coloro - perlopiù stranieri - che giungono al Biella al termine della prima tappa dell'Alta Via n. 1, attendendo di scendere ai vicini rifugi di Sennes e Fodara Vedla  non disdegnano di considerare per una passeggiata la cima di cui sopra, detta “Ra Téta”. 
Il nome ampezzano (che appresi solo quel giorno da un giovane collaboratore del rifugio), alludendo alla forma, identifica un rilievo di secondaria importanza, isolato e striato da magra vegetazione e del quale non sono noti né la quota né un oronimo ufficiale. 
Il rifugio Biella e la cima, in una cartolina del 1932
(raccolta E.M.)
"Ra Téta" emerge sul lunare altopiano di Fòsses a breve distanza dal rifugio Biella, dal quale si raggiunge in circa trenta minuti di scarso impegno. Sulla cima c'è solo il canonico ometto di sassi: quella mattina, mentre il rifugio brulicava di colori, persone, suoni e voci, noi ci godemmo a lungo la pace della sommità, immersa tra grandi e silenziosi orizzonti. 
Sicuramente la "Téta" fu visitata ab antiquo dai cacciatori che battevano l'altopiano di Fòsses cercando ungulati, un tempo numerosi, poi rarefatti per vari motivi e oggi in buona ripresa; e sicuramente la visitò anche qualche pastore che portava gli ovini a pascolare intorno al lago Grande. 
Penso che non fosse sfuggita nemmeno al pioniere Paul Grohmann, salito lassù nel settembre 1874 col marebbano Willeit, per scrivere da primo alpinista il proprio nome su una vetta che ha tre oronimi, uno per ogni comunità che qui confina: Seekofel per Braies e la Val Pusteria, Gran Sas dla Porta per Marebbe, Croda del Béco per Ampezzo.
Montagna senza eccessive ambizioni, ma comunque piacevole diversivo per chi ama uscire dalle piste troppo consuete, la "Téta" è stata una delle tante cime che hanno popolato i nostri taccuini: una gita breve e facile, ma insolita e gradita.

2 commenti:

  1. Ciao Ernesto, questo post ha risvegliato un mio ricordo di tantissimi anni fa. Giorgio ed io eravamo saliti sulla Croda del Beco con un tempo veramente infernale (tipica nevicata d'agosto) e Giorgio, se non aveva le dita di una mano congelate, poco ci mancava, dato il colorito giallastro che avevano assunto. Devi inoltre sapere che il mio amico non disdegnava l'alcool, tanto che fino all'avvento dei (terribili) vini in cartone, si portava regolarmente nello zaino un fiasco di Chianti (proprio quelli di vetro, panciuti, con la paglia nella metà inferiore). Quel giorno, avendo un comodo rifugio a disposizione, il fiasco non c'era, ma trovammo modo di festeggiare lo scampato pericolo con abbondanti libagioni. Usciti dal rifugio, scorgemmo due escursionisti che salivano verso la Teta e che noi qualificammo subito come tedeschi. Spinti da (diciamo) amor patrio, decidemmo di raggiungere il cocuzzolo prima di loro e ci lanciammo in una penosa e sgangherata corsa. Raggiungemmo il nostro scopo e, vittoriosi, attendevamo sulla cima gli sconfitti con sguardo beffardo. Ma ci bastò vedere il loro di sguardo, pieno di commiserazione, per raffreddare i nostri propositi. E quello sguardo fu l'ultima cosa che ci ricordammo, al nostro risveglio, con le stelle che brillavano già in cielo.

    Saverio

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  2. Ovviamente, per i collezionisti di cime, questa è proprio una montagna di dettaglio ma - considerato che per quarant'anni ci passai davanti senza nemmeno immaginare che avesse una sua piccola personalità - quando decidemmo di salirvi, con Iside e Paola, la reputai veramente una piacevole scoperta. Abbinata al ritorno a Ra Stua per i sempreverdi laghi di Fòsses, diede alla giornata un gran buon sapore.

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