20 apr 2017

Sullo Spalto di Col Bechéi, una cima senza cima

Il nome "Spalto" (più diffuso al plurale, "Spalti") di Col Bechéi, che identifica una zona famosa per le vie di scalata realizzate nell'ultimo trentennio, prima della seconda guerra mondiale diceva poco o nulla.
Sul contrafforte geologicamente conosciuto come Monte Paréi, con il quale il Col Bechéi - cima a più punte sul confine tra Ampezzo e Marebbe - degrada con alte pareti verso la sponda sinistra orografica della valle di Fànes, i primi scalatori, infatti, apparvero soltanto il 31 maggio 1944.
Il Col Bechéi: in basso lo Spalto (foto Angelo Roilo,
dal Monte Valon Bianco, archivio I.L.D.)
La prima via fu tracciata da due Scoiattoli di Cortina, Ettore Costantini (detto come Vecio, ma al tempo appena ventitreenne) e Claudio Apollonio: aveva difficoltà di 4°-5° grado, e non si sa se abbia poi suscitato la curiosità di altri. Il Vecio tornò sullo Spalto anche l'anno dopo con Ugo Samaja, aprendo il 9 settembre 1945 un'altra via a destra della precedente; il 29 giugno 1955, Guido Lorenzi, Albino Michielli e Arturo Zardini battezzarono sulla fascia rocciosa un diedro abbastanza impegnativo.
L'esplorazione dello Spalto riprese soltanto all'alba degli anni '80, per chiudersi - ufficiosamente, poiché magari le possibilità non sono finite - nel 2012 con “Spina de Mul”, una via quasi sopra il Lago di Rudo, tracciata da Kehrer e Gargitter.
Noi, escursionisti obbligati a guardare lo Spalto solo dal basso, un giorno in cui arrivammo lassù senza idee ci proponemmo di provare a dominarlo dall'alto, raggiungendo il cengione che ne segna la sommità: poteva essere un'esplorazione del tutto inedita, con una prospettiva originale. 
L'approccio, pur aspro, non diede grandi problemi: a un certo punto, però, traversando sotto le pareti, ci trovammo davanti un colatoio vegeto-minerale con rocce instabili, dove forse avremmo dovuto superare qualche difficoltà in più. Convinti di stare faticando senza scopo e volendo eventualmente proseguire in sicurezza, dopo un breve consulto facemmo una delle tante nostre retromarce.
La discesa però non fu assolutamente una sconfitta, almeno per me. Mi bastava aver messo il naso anche sullo Spalto di Col Bechéi, una cima senza cima, un angolo riservato ai fuoriclasse, a qualche sparuto cacciatore e poco più.

4 commenti:

  1. Dalla Croda del Valon Bianco varie volte ho osservato quel cengione, con la curiosità di volerlo percorrere, ma per ora non ho mai tentato. Con la fantasia ho provato invece a immaginare un collegamento dalla fine del cengione al sentiero che, dalle Ruoibes de Fora, sale al Col Bechei, ma da lontano non sembra fattibile con facilità. Mi resta solo da andare a vedere, chissà quando. Sotto agli spalti mi piace invece percorrere quella mulattiera che, in sinistra orografica del rio Fanes, costituisce un'alternativa alla normale carrareccia. E una volta mi sono invece perso tra i mughi, con due amici, alla ricerca del canale che sale al Taburlo, senza però trovarne un imbocco agevole.

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  3. Avevo scritto un'indicazione errata.
    Credo di avere già scritto in proposito. Al primo ponte dopo le cascate, lo attraversi e cominci sul versante opposto a ritornare indietro, sempre in più o meno leggera salita, nel bosco, assecondando le numerose tracce di guerra. Arrivi ad un certo punto dove gli alberi di alto fusto scompaiono e sopra di te vedi un gradino non troppo alto di rocce che contorna un grande baranceto. Cominci a scendere lungo questo pendio, sfruttando le zone di minore resistenza, mirando ad un grosso larice sull'estrema sinistra da cui parte una comoda cengia che porta al canale tra Taè e Taburlo e da qui sali senza grosse difficoltà alla selletta (percorso dell'11/9/2001, data che non si dimentica). Per maggiore sicurezza ti conviene prima risalire, partendo dalla ferratina delle cascate di Fanes, il bordo destro del suddetto canale e arrivare il più in alto possibile dove si vede chiaramente la cengia e il larice a cui mirare. Non escluderei che da quel punto si possa in realtà accedere direttamente al canale, ma all'epoca non ci fidammo e preferimmo il versante opposto, ben consci che saremmo andati incontro ad un notevole "imbaranciamento".

    Saverio

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  4. Forse è un po' fuori tema, ma mi sono interessato a tutti (e credo proprio tutti) gli aspetti delle Dolomiti e soprattutto di quelle che circondano Cortina. Particolare attenzione ho poi dedicato da giovene agli aspetti geo-paleontologici e su questo argomento vorrei fare una digressione (sperando che Ernesto mi sopporti).
    Ernesto lo sa sicuramente molto bene, ma probabilmente molti lettori del blog non sanno che dal punto di vista geologico il Col Bechei è uno dei monti più importanti di tutte le Dolomiti. Con ordine. La Tofana di Rozes (e più in generale tutte le pareti delle Tofane), le Cinque Torri, la Croda da Lago, il Pomagagnon, il Cristallo sono costituite da Dolomia Principale, risalente alla fine del Trias (200-220 milioni di anni). Gli Spalti di Col Bechei sono un po' più recenti perchè risalgono all'inizio del Giurassico (potrei dire Hettangiano-Pliensbachiano, ma diventerei troppo pedante e magari sbaglierei; in ogni caso risalgono a 180-200 m.a.; a titolo informativo anche le cime delle Tofane di Mezzo e di Dentro risalgono a quell'epoca, anzi il cocuzzolo di quest'ultima è ancora più recente). E dopo? L'antica cava di Ra Stua rappresenta la porzione più recente (Rosso Ammonitico, fine del Giurassico-forse inizio del Cretaceo, 150 m.a. - c'è quindi un bel salto (tecnicamente si chiama lacuna stratigrafica) di 30 m.a.). Se poi proseguiamo verso Campo Croce, sulla sinistra della carrareccia scorgiamo un insolito "sperone grigio". 40 anni fa lo ritenevo coevo alle famose marne del Puez, ma poi mi hanno spiegato che è un po'più recente (Albiano, al limite tra Cretaceo medio e inferiore, circa 100 m.a., un altro bel salto di 50 milioni di anni). E dopo? Non c'è più nulla fino a ... poco sotto la Cima del Col Bechei, con l'omonimo conglomerato, ultimo sedimento marino delle Dolomiti, un mare poco profondo in cui si gettavano piccoli torrenti e fiumiciattoli, dando origine a questo deposito. Il fatto curioso è che ora siamo al confine tra Oligocene e Miocene, 20-25 milioni di anni fa (un altro salto, l'ultimo, di quasi 80 milioni di anni), quando le Dolomiti iniziarono (definitivamente) ad innalzarsi sopra il mare. E questo straterello non solo è praticamente confinato unicamente sotto il Col Bechei e un po' nella Ruoibes de Fora, ma è sormontato ... dai Calcari Grigi di almeno 150 milioni di anni più vecchi. Che la zona sia particolarmente tormentata lo testimoniamo le vistosissime pieghe che sovrastano il Lago di Limo e che sono dovute, come spiega un articolo del 1990 di Doglioni e Chiara Siorpaes (Polyphase deformation in the Col Bechei Area), dalla successiva azione degli sovrascorrimenti della catena Dinarica (ad Est) e di quelli della catena Sudalpina.
    Scusate la digressione, ma queste cose mi affascinano

    Saverio

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