1 ago 2018

Nel ricordo di Ivano Dibona "Pilato", 1968-2018

Mercoledì 8 agosto (giorno in cui sarà ricordato con due Sante Messe nella Basilica Minore a Cortina), saranno passati giusto cinquant'anni dalla scomparsa di Ivano Dibona "Pilato", caduto con il cliente Antonio Muratori dallo "Spigolo Dibona" della Cima Grande di Lavaredo (salito per la prima volta nell'estate 1909 da suo nonno Angelo, simbolo delle guide ampezzane, con Emil Stubler).
Ivano Dibona
1.6.43 - 8.8.68 

Figlio di Fausto, anch'egli guida, e di "Mitzi" Bachmann, Ivano era nato a Cortina l'1 giugno 1943, e a vent'anni era già Scoiattolo e guida alpina. Esponente di punta dell'alpinismo degli anni '60, in un lustro di esplorazioni avviato nel 1963 con una diretta sulla parete sud della Cima Bel Pra nelle Marmarole - in cui iniziò un sodalizio con l'amico e collega Marcello Bonafede di San Vito di Cadore - Dibona aprì itinerari di alto rango, sia in libera che col massiccio uso di chiodi a espansione (in linea con le tendenze dell'epoca) e ripeté decine di vie dolomitiche, come alpinista e con clienti. Dopo la diretta sulla Bel Pra, tracciò otto vie nuove di estrema difficoltà sul Taburlo, Torrione Salvella e Cima Piccola di Lavaredo (giugno e luglio 1963), Torre Romana (ottobre 1965), Col Rosà, Taé e Tofana di Mezzo (aprile, giugno e settembre 1966) e Punta Giovannina (luglio 1968); quest'ultima fu terminata con Diego Zandanel "Béco", dopo cinquanta ore di salita, meno di un mese prima della morte.
Sempre presente anche negli interventi di soccorso alpino, aveva espresso spesso il proposito di ripetere tutte le settanta vie nuove aperte dal nonno tra il 1903 (sulla Torre Wundt, con Siorpaes e Schubert) e il 1944 (sulla Punta Michele, con Casara, Cavallini, Menardi e Trenker). Subito dopo la disgrazia, amici e colleghi lo ricordarono con una nuova via sulla Torre Fanes (L. Lorenzi e L. Salvadori, 15 agosto 1968), la Direttissima sulla Cima Scotoni (D. Valleferro, B. Menardi e F. Dallago, 10-13 marzo 1969) e con il percorso di cresta da Forcella Staunies al Col dei Stónbe, tracciato in guerra dalle truppe italiane di stanza sul Cristallo, che Dibona aveva esplorato più volte col fratello Fredi, olimpionico di sci nordico e per molti anni conduttore del rifugio Ospitale. Dopo la scomparsa di Ivano, Fredi mantenne l'impegno e con un gruppo di amici completò la sistemazione del sentiero, ufficialmente aperto il 6 settembre 1970.
Battuto da migliaia di persone e teatro anche di numerosi spiacevoli incidenti, il "Sentiero attrezzato Ivano Dibona" - ora "quasi abbandonato", a causa della chiusura dell'ovovia da Sonforca a Staunies e del rifugio Lorenzi in Forcella Staunies - resta una delle passeggiate dolomitiche di croda più note e apprezzate, e ricorda al meglio un giovane alpinista che incise una profonda traccia sulle cime di casa.

4 commenti:

  1. Caro Ernesto,
    una notizia che ha lasciato esterefatti sia me che mia moglie. Il sentiero Dibona e` "quasi abbandonato"? L'ho percorso parecchie volte con gli amici, con mia moglie (spettacolare grandinata evitata grazie ad una provvidenziale caverna) e poi con le mie figlie, quando erano ancora piccole. Con grandissima soddisfazione di tutti.
    "Spero" che "abbandonato" significhi che ben pochi lo percorrono in senso inverso (ma la discesa per la Graa de Staunies, nei miei ricordi, era uno spettacolo) e ancora meno affrontano il ghiaione in salita.
    Perche`, se invece significasse "in stato di abbandono", sarebbe veramente un peccato. Purtroppo scarsa frequentazione e abbandono, in termini di manutenzione, spesso vanno di pari passo.

    Saverio

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  2. No, tranquillo, è quasi abbandonato in discesa perché dal 25.7.2016 sono chiusi (fino a che non ci saranno progetti e finanziamento) l'ovovia e il rifugio che di essa vive: in salita, qualcuno lo percorrerà forse ancora, certamente molti in meno di un tempo. Ma forse non è un male: anche la natura ha bisogno di rigenerarsi, prima di scagliare le sue vendette su chi la sfrutta troppo.

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  3. E il De Pol esiste ancora? Non mi sembrava "in gran forma" neppure 40 fa, quando lo percorsi con Giorgio ed un compagno occasionale che in quella circonstanza dimostrò ripetutamente quanto millantate fossero le sue capacità escursionistico-alpinistiche.
    Di quel giorno ho due ricordi ben precisi: il primo che ho "rivissuto" recentemente, durante il mio soggiorno in ospedale, leggendo "Eravamo immortali" riguarda il lamento di un piccolissimo camoscio che si era avventurato in un ghiaione troppo ripido e cementato per le sue capacità e aveva trovato momentanea salvezza in un piccolissimo gradino generato da un masso. Al suo richiamo, arrivò la madre, ma non riuscì che a spingersi a qualche metro dal suo piccolo; Giorgio ed io rimanemmo una buona mezz'ora ad ascoltare lo scambio di belati tra madre e figlio, che a noi pareva diventare sempre più angosciante con il passare del tempo. Poi, quando il terzo finalmente ci raggiunse, decidemmo di andarcene, visto che la nostra presenza era del tutto inutile. Ma ancora adesso mi chiedo come andò a finire quella vicenda.
    Il secondo ricordo è piuttosto buffo e riguarda un pensiero che mi venne all'inizio delle corde fisse, quando mi voltai a guardare il cammino già percorso: all'epoca era ancora "attivo", tra Ospitale e Cimabanche, un deposito militare, circondato per noi ragazzi da un'aura di mistero, sia per la macchia bianca che appariva in sua corrispondenza sulle mappe escursionistiche, sia per il cartello (o i cartelli?) sulla statale che intimavano di non fermarsi e non scattare foto.
    Lassù non potei esimermi dal sorridere: il deposito era perfettamente visibile e se ne sarebbe potuta tracciare una mappa estremamente precisa.
    Chiedendo perdono per l'"invasione", un saluto a tutti

    Saverio

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    1. Il Sentiero dedicato a Renè De Pol esiste ancora, è ben mantenuto e abbastanza frequentato, nonostante la salitaccia da Ospitale.
      Anch'io ho qualche bel ricordo del percorso, fatto molte volte, l'ultima nel 1996 in discesa, di ritorno dalla stupenda Cresta di Costabella, che spero sia ancora immune da ferrature e segnalazioni sovrabbondanti.
      Il deposito militare di Rufiedo, invece, è passato da poco alle Regole d'Ampezzo e si stanno avviando grossi lavori di bonifica del materiale bellico abbandonato e di sistemazione: sarà abbattuta buona parte dei fabbricati esistenti e creato, credo, un percorso naturalistico e un centro visite, gestiti dal Parco d'Ampezzo. E pensare che, se il Demanio lo avesse messo in vendita, potevano comprarlo arabi, giapponesi o russi e farci un villaggio turistico come il vicino Carbonin...
      Ciao.

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